domenica 29 luglio 2012

Letture extra Infinite Summer

In teoria  NonNonBâ è stato comprato, portato a casa e consegnato come regalo per Marchionnolo, dal momento che i manga non mi piacciono e le storie di fantasmi mi spaventano.

In pratica è diventato il libro della buona notte, con Marco che legge a voce alta facendo le vocine dei personaggi, mentre io lo ascolto rapita.

E pensare che a me anime, manga e compagnia nipponica bella fino a qualche mese fa non interessavano.
Di giapponese, solo romanzi (e il sushi, certo).
Poi sono arrivati Yazawa, Takahashi e Taniguchi.

L’altro giorno si è aggiunto pure Shigeru Mizuki, un arzillo ultranovantenne che è un serbatoio di humour e folklore.
Sono rimasta folgorata della ricchezza delle sue storie, della semplicità del suo tratto e della tenerezza dei suoi personaggi. La figura del padre del protagonista mi ha addirittura commosso: un uomo poetico e sognatore che vive  in una società rigida e ligia al dovere come quella giapponese nella prima metà del secolo scorso.

Un’altra bella sorpresa della settimana che ho appena iniziato a leggere è Manuale del cacciatore dei libri proibiti di tal Simone Berni. Il collezionismo librario - grazie al cielo e grazie dal mio salvadanaio – non mi interessa. A me dei libri che voglio leggere bastano le ristampe (vedi quella di Fabrizio Lupo, che ho aspettato per anni) però il mondo della bibliofilia è ricco di storie ai confini dell’incredibile.

Non avevo assolutamente idea che anche in tempi recenti ci fossero libri tolti in fretta e furia dalle librerie perché scomodi. Sono proprio rimasta esterrefatta e spero di leggere presto anche Libri scomparsi nel nulla.
Un po’ è la curiosità di dare un’occhiatina ai nebbiosi confini della libertà di stampa, un po’ è anche una curiosa forma di voyeurismo verso le perversioni di quei pazzi  di bibliofili.

Il Manuale è una sorta di noir a scatole cinesi dove dietro ogni libro si nasconde una storia che dentro nasconde un altro libro…


domenica 22 luglio 2012

Frammenti di un discorso rancoroso


Sto iniziando a prendere in considerazione il potere espressivo dell’allegoria, della metafora e di tutte quelle figure retoriche  che  traslano il piano del realmente accaduto in quello del verosimile o del fantastico, di modo che nessuno possa accusare direttamente lo scrivente di alludere alla propria condizione personale.
Sto invecchiando: meno di una decina di anni fa trovavo questo atteggiamento vile&vigliacco.
Oggi – con la coda tra le gambe – mi trovo costretta a riconsiderare la questione.


Mi accorgo che da un paio di post a questa parte sto alludendo a situazioni e stati emotivi senza spiegare cause e circostanze a voi cari lettori che leggete questo blog senza essere informati sui fatti dalla mia viva voce – piuttosto pigolante e piagnucolosa ultimamente - .
Vi do un indizio: in amore tutto va bene.

 Hamtaro  in questo frame mi rappresenta efficacemente
La ragione della mia prostrazione umorale ed esistenziale non ha niente a che vedere con Marchionnolo. – Anche se ho il sospetto di starlo lentamente ma inesorabilmente esasperando– (Quando leggerà questo post mi rimprovererà con un buffetto e un sorriso malinconico  dicendo che non è assolutamente vero).

Continuo a pensare che dovrei leggere Kafka e a fantasticare di:

1 – Incatenarmi per protesta davanti a luoghi significativi dal punto di vista istituzionale
2 – Tagliarmi le vene per protesta davanti a luoghi significativi dal punto di vista istituzionale
3 – Acquistare una pagina del Corriere della sera per togliermi un paio di sassolini dalla Camper

E poi c’è un’altra cosa.
In 28 anni non mi era MAI capitato ed è una cosa che ho sempre pensato di non augurare nemmeno al mio peggior nemico. Era uno dei pochi veri motivi di orgoglio che avevo e ho perso anche quello.
Mi sono ritrovata a immaginare che una persona (?) si ritrovi esattamente nella mia condizione fisica e sottoposta alle mie stesse discriminazioni per vedere come si sta dall’altra parte della barricata.
Poi a un certo punto di questa fantasia mi accorgo della meschinità del mio pensiero e faccio appello a tutti i valori etici, cattolici, umani, cristiani e della grande spiritualità universale, alla forza d’animo delle anime nobili, alla bontà di Gesù, al distacco di Buddha, alla pazienza di Giobbe, ma il ritorno sulla retta via è arduo, faticoso e talvolta mi sento recalcitrante.

C’è chi mi ha visto piangere mentre singhiozzavo: “Sono stanca di essere handicappata”, e oscillo diecimila volte al minuto tra questo dolore cieco e la rabbia vermiglia che ha innescato tutte le rivoluzioni del mondo.
Ma le rivolte le fanno le masse e non i poveri stronzi singoli.
E questa consapevolezza innesca l’ennesima crisi di nervi.

Credo proprio di avere bisogno di aiuto ma non so proprio a chi rivolgermi per farmi dare una mano.

martedì 17 luglio 2012

Piccole irritazioni costanti


«Le persone bruciate alla nascita, quelle colpite e offese oltre ogni giustizia, finiscono per ripiegarsi nel loro stesso fuoco o per risorgere» (p 379)

Come vedete proseguo con tenacia nella lettura di Infinite Jest.
Mi godo le piccole gioie quotidiane della convivenza.
Persevero anche nel tentativo di non sentirmi discriminata ma in questo caso i risultati non sono granché anche se sono tutta protesa  nel riuscirci.

Certi accadimenti sono come la puntura di una zanzara: non puoi fare a meno di continuare a pensarci perché prude, prude da matti e di grattarti a sangue, fino a che – un bel giorno - non passa.
Più mi sforzo di non pensarci e più il cervello ci ronza intorno.
(Stanotte ho svegliato Marco per farmi mettere il Polaramin sul piede sinistro ecco da dove mi è venuto il paragone ditterico) .

Forse questo fastidiosa irritazione uno la sente fino al giorno in cui non si sveglia ed è assuefatto.
Si abitua alla discriminazione come a un rumore di fondo costante che non sente neanche più.
E non brucia né risorge: semplicemente sussiste.

sabato 7 luglio 2012

...Ne ho pieni gli scatoloni!


Domani è il T- Day.
Trasloco.

Lascio la mia coinquilina, le mie abitudini e quella che è stata la mia casa per due anni.
Tetto sulla testa che ho trovato per avvicinarmi al mio luogo di lavoro dell’epoca, che credevo sarebbe stato il trampolino di lancio verso una – se non brillante – almeno decorosa carriera.
E invece, come ben sapete, si è rivelato una solenne inculata.

Mi trasferisco dunque – con Marcompagno – nei pressi nel mio attuale posto di lavoro per un po’ più di autonomia negli spostamenti, anche se avrei preferito restare dove sto (a 2 passi dal miglior hamburger di Milano).

Lasciatemi dunque un  momento per crogiolarmi nella malinconia di lasciare casa, mia prima vera dimora dopo l’Hotel des Invalides.
Qualche attimo da dedicare alla tristezza sul sipario che cala su questo periodo della mia vita.
Poi ci sarà una nuova casa, la convivenza con Marco, e nuove, esilaranti avventure.