martedì 26 marzo 2013

Pop kiss your soul



Sto sguazzando nella più sgargiante cultura pop: dalla nuova stagione di Masterchef alla narrativa americana contemporanea, passando per i blog dell'Antro Atomico, di Diegozilla e Dalla Parte di Asso, alla cui lettura sono stata introdotta da Nerdarco (ovvero da quel nerd di Marco).
Poi ci sono i film di Kevin Smith: Clerks II e Zack & Miri, che mi trascinano in un vortice di romanticismo indie.
Ma da un paio di settimane a questa parte è sopratutto la lettura dei manga ad assorbirmi.

In preda alla giappofilia più sfrenata sto leggendo infatti: Ooku, le stanze proibite, di Yoshinaga Fumi, Supplement,di Mari Okazaki e Buonanotte Punpun, di Inio Asano. Tutti nomi di gente che fino poco tempo fa erano illustri sconosciuti nipponici,eh.

Tutte quei titoli lì sopra sono opere decisamente differenti tra loro e distanti migliaia di chilometri per stili e tematiche. 

Ooku è una torbida e sensuale ucronia ambientata nel Seicento  in cui sono le donne a dirigere la vita giapponese, dopo che la popolazione maschile è stata decimata da una forma di vaiolo che colpisce esclusivamente i giovani uomini.
Supplement, invece è incentrato sulla vita di una creativa in carriera, che dopo essere stata piantata dal suo fidanzato si accorge che tutta la sua vita ruota intorno all'ufficio, dunque un racconto sulla crisi di mezza giovinezza (come non identificarsi?).
Infine Buonanotte Punpun rappresenta l'universo interiore di un bimbo,gorgogliante di sensibilità e terrore, che  ha uno stile semplicemente stupefacente;  mi verrebbe da scrivere fluorescente se non che le tavole sono in bianco e nero.

Immersa nel vortice della serialità nipponica non mi curo né del baccano di Grillo (anche se non posso non segnalare questo), né degli equilibrismi del povero Pierluigi  Tiro- Al-Bersani e sopratutto cerco di non pensare alle lacrime che mi è capitato di vedere sulla faccia di una persona che ha deciso di licenziarsi in tronco. Tutti 'sti siti, cinemini e fumetti sono una forma di oblio troppo cool, intelligenti e dolcemente ottundenti  per non lasciarsi tentare. Che ci sia cascata pure la sinistra italiana, che è un po' che non la si sente?



martedì 19 marzo 2013

Un applauso a quella Spiotta di Dana!



Ero sotto il piumone del divano letto a leggere Versioni di me, mentre Marco è andato ad aiutare un suo amico fraterno a traslocare nella sua nuova casa e tra una riga e l’altra non smettevo di ruminare sul fatto che io non ce li ho, gli amici fraterni, al massimo amici o conoscenti zieschi, tranne forse un paio di persone. Insomma ero lì che rimuginavo sulle solite paranoie degli ultimi 2 mesi quando il ritmo del libro ha iniziato a prendermi, complice anche una frasetta spuntata a pag 17.
«Perché lo sappiamo i ricordi accettano fin troppo facilmente la corruzione dei rimpianti»  Sarà stata la cadenza della prosa delle prime pagine, molto istantanea e diretta, un po’ rocchenrò.
Boh.
Fatto sta che per la prima volta in 29 anni qualcosa che ho letto mi ha riportato a qualcosa che ho – o che mi sembra di aver – scritto io.
«Ogni parola che ho scritto è stata un giro di basso che non ho potuto suonare». E mi è sembrato che suonasse benissimo.
Semplice, dritta e immediata come una canzone degli Zen Cirus.
77 caratteri di cui andare davvero orgogliosi, mica come certe attività ottundenti che valgono una pacca sulla spalla con tanto di: «Dovresti esserne fiera» squittito in sottofondo e fanno venire voglia di andare a fare incetta di trappole per topi e roditori dalla lingua biforcuta.
Comunque, queste righe per ricordarmi quanto quanto mi piaccia anche la scrittura più contemporanea e immediata. Dico sempre che sarebbe bello scrivere con una prosa corposa come quella che mi piace leggere – tipo Balzac oSinger – però anche questo sound così pieno di rock  e di coinvolgimento da  XXI secolo non è affatto male.

mercoledì 13 marzo 2013

Pioggia fredda e dolci da forno

Marchionnolo, risucchiato dalla corrente della disoccupazione - uno tsunami a sentir l'ISTAT -, spedisce curriculum a raffica e percorre la città  in lungo e in largo da un luogo di colloquio all'altro , e per fortuna che c'è Google maps che come il metano dà una mano e indica le sedi dei potenziali luoghi di lavoro: da raggiungere anche nei giorni di maltempo, bagnati di pioggia ma asciugati da una tiepida speranza di impiego.

Alle prime gocce di pioggia spuntano venditori di ombrelli a ogni angolo della strada: chissà da dove saltano fuori? È uno dei grandi misteri di Milano: un po' come gli alani che escono a passeggio dai monolocali.

A essere operatori d call center oggi,  se ne sentono davvero di esilaranti: proposte di lavoro full time con paghe improbabilu, tipo un rimborso spese di 300 € ( info su eventuali provvigioni risultano non pervenute).
Colloqui in appartamenti squallidi, tenuti da individui loschi e fumosi che sembrano appena spuntati dal baricentro della Triade Cinese così inquietanti che una ragazza - mi ha riportato - appena seduta per il colloquo si è alzata in piedi di scatto e ha detto che non era più disponibile. Bersani aiutaci tu!
Ma è proprio in questi frangenti di perplessità  che si riscoprono i piaceri un po' punk del do it yourself come quello della torta di mele , sfornata tra l'invio di una partita di cv e l'altra.


« 'More, perché non diventi uno spacciatore di dessert, un edulcotrafficante?»
Zucchero, profumo di cannella e qualcuno che in un appartamento qui vicino sta ascoltando Anima fragile di Vasco Rossi, che doveva esser morto ma che invece è ancora vivo, suono che conclude questo flusso di coscienza come il suono di un ombrello che si chiude.

martedì 5 marzo 2013

A furor di popolo: dopo l'M5S è il momento delle SdP



Marcazzolo sostiene che i blog soffrono della sindrome di Pollyanna. Sempre lì con uno sguardo sognante alla Amélie Poulaine a incantarsi per le piccole meraviglie della vita, quelle che nella routine quotidiana sfuggono, o si ignorano a bella posta, del tipo:

«Toc Toc»
«Chi é?»
«Sono una minuscola meraviglia della vita: guardami»
« Sarai mica un servizio in abbonamento? Ma vaffanculo và...».

Perché  - è un topos del genere bloggico - l'ottimismo o una timida speranza devono sempre far capolino alla fine del post, altrimenti passi per un obsoleto depresso anni '90 come Kurt Cobain, o Marco Masini. Oggi però complici un astigmatismo fresco di rilevazione ottica e i brutti morsi della solita contrattura al collo, vederla particolarmente cupa mi sembra decisamente invitante, considerato che il nero sta bene con tutto.

Qualcuno mi sa spiegare come mai le meraviglie della vita sono sempre piccolissime e impalbabili, mentre il dolore della vita è sempre netto e tangibile come un ariete di sfondamento su per il fondoschiena?
Forse alcuni di noi soffrono della Sindrome del Poliano: ti prendi su così tante inculate che un orifizio solo non basta.

Mentre attendiamo fiduciosi  (Pollyannaism never dies!) una voce di Wikipedia su questa nuova  SdP, vado a sparami una dose di Tachipirina così forse riesco a leggere e/o a dare un baciottolo a Marco senza che la mia colonna vertebrale si produca in inquietanti e gotici scricchiolii alla Edgar Allan Poe. Bye.