sabato 29 marzo 2014

Il Cardellino di Donna Tartt: ascesa e caduta di un romanzo

Vi ricordate quanto la settimana scorsa fossi entusiasta de Il Cardellino di Donna Tartt? Ecco, la seconda metà del libro prende una piega decisamente meno fulgida, s'accascia nel thriller con questo Lucius Reeve che sembra uno dei cattivi di Harry Potter che non si capisce bene da dove sbuchi, le sparatorie e le riflessioni metafisiche sul significato dell'arte. Alcuni passaggi - sia chiaro - sono pieni di lirismo e super suggestivi, come la riflessione sul significato ultimo del dipinto Il cardellino o la parabola di Boris.

«(...) sai quella dove il fattore ruba l'obolo della vedova, ma poi scappa in campagna e fa fruttare il gruzzolo e riporta mille volte tanto alla vedova a cui l'aveva rubato? E lei lo perdona con gioia, e uccidono il vitello più grasso, e fanno festa? ». (p.861)

Ingredienti di qualità che però, per come sono amalgamati, mi hanno lasciato un attimo perplessa, almeno rispetto allo splendore della prima metà del romanzo. Nel finale anche la rosea, cinguettante figura di Pippa si dissolve in un vapore grigio di nebbia.



Quante volte ci capita di avere in testa concetti che ci sembrano splendidi, ma di non riuscire a trasferirli in forma scritta?

A dire il vero anche Theo Decker, il protagonista del romanzo, intorno ai 3 /4 del libro,  strafatto e pronto ad accopparsi ad Amsterdam, - curiosamente -si trova di fronte allo stesso problema quando vuole scrivere a Hobie, Pippa e gli altri qualche riga d'addio:

«La mia mano era volata sulla pagina in una serie di scatti intermittenti e istintivi. Ma quando arrivai in fondo (...) mi bloccai inorridito. Ciò che avevo vissuto come una specie di lunga carezza finale, non aveva nulla dell'addio eloquente e toccante che avevo immaginato. La grafia era inclinata e pasticciata, né intelligente, né coerente, né tantomeno leggibile. dovevo esserci modi molto più veloci e semplici di ringraziare Hobie e dire quello che volevo dirgli (...)». (p. 832)

Cara Donna Tartt, a un certo punto anche a te sono mancate le parole? 


Voglio dire, si capisce che l'autrice aveva in mente di dire delle cose, sul significato della vita e della sua transitorietà, sull'arte e la sua permanenza attraverso i secoli ma, merda, non è riuscita a fondere questi temi allo sviluppo della trama, o almeno non ci è riuscita secondo me. Ed è un peccato, cazzo, cominciare col piede giusto e pestare una cacca così grande sul finale. E se fossi io la Tartt non ci dormirei la notte, ma visto che non sono lei la notte sto sveglia - o mi sveglio di soprassalto - per altri motivi tipo il talento e la sua assenza, il successo e le sue ragioni, gli incubi da ipocondriaca con un'improbabile canzone dei Perturbazione in sottofondo.

La mia professoressa di latino e greco al liceo, una volta ci aveva parlato della crisi che aveva colpito i poeti della generazione successiva alle opere di Orazio e Ovidio. Cosa potevano scrivere dopo aver letto la perfezione? Ansie classiciste annichilenti post perfezione e angoscia del postmoderno saturo di materiali, hanno qualcosa in comune? Angoscia dopo la perfezione inavvicinabile, angoscia perché si rischia di annnegare nelle cose che ogni giorno la gente rilascia nel web. Cioè, nel 2014 , soprattutto online, difficilmente si scrive qualcosa di nuovo, al massimo si riassemblano gli infiniti i contenuti che ci sono in giro: anche per la fretta con cui l'industria culturale esige che si produca roba fresca. E ogni volta che si rimaneggia un contenuto, di solito è come se si svuotasse un po', come scavare una vaschetta di gelato col cucchiaino o vedere un comò svuotato dall'interno dagli insetti che mangiano il legno. Serve impegno per mantenersi costantemente creativi: a cadenze periodiche, ci vorrebbe una bella vacanza in posti del genere.



sabato 22 marzo 2014

Il cinguettio de Il Cardellino di Donna Tartt mi tira su

Sto leggendo Il Cardellino di Donna Tartt, che come libro è davvero perfetto per il cambio di stagione. A volte esco la sera dall'ufficio che vorrei solo stendermi sui binari del tram per la stanchezza, ma il pensiero di qualche pagina di quella prosa lì mi aiuta a trovare l'energia per ritornare a casa. Perché voglio sapere come la cazzo di storia va avanti.  E anche se - una volta che mi accuccio nel letto  mi si chiudono gli occhi, una trentina di pagine me le devo comunque far fuori.

Ma qual è il segreto di questi scrittori americani così possenti, eleganti, profondi, sfaccettati, immediati, lievi, accattivanti e incredibilmente avvincenti?

Io di Donna Tartt non avevo mai  letto niente, non l'avevo mai manco sentita nominare (avevo orecchiato da qualche parte il titolo Dio di illusioni ma non mi ispirava granché) e mi aveva sorpreso scoprire che questo romanzo dal titolo pennuto era uno dei libri più attesi del 2014.

Così sabato scorso alla Feltrinelli, dopo averlo visto, ho rimesso nella pila La ragazza dagli occhi verdi (Il sequel di Ragazze di campagna di Edna  O'Brien che sì è carino ma stop) e ho preso la mia copia del libro che Sua Altezza dei critici letterari Michiko Kakutani ha definito «un travolgente romanzo Sinfonico che vi farà riscoprire tutto il piacere della lettura».

Diciamo che come prosa la Tartt si infila nel filone di autori tipo Audrey Niffenegger  Andrew Sean Greer e anzi, al punto dove sono arrivata finora - p. 273 -, questa corrente letteraria la domina proprio. Ma come fa questa  benedetta scrittrice avere una visione così nitida, limpida? Come fa a congegnare una trama così solida e - allo stesso tempo - a metterci dentro tanta poesia? Tipo, parlando di un personaggio scomparso, uno dei protagonisti lo ricorda così:

«Era un brav'uomo. Non ce ne sono tanti così. Gentile, affascinante. La gente lo compativa per via della schiena, ma io non ho mai conosciuto nessuno più ottimista di lui, e ovviamente i clienti lo adoravano... era un uomo estroverso, socievole... "Il mondo non mi verrà incontro" diceva sempre "per cui devo andargli incontro io"». (p. 168)


Mi rifiuto di credere che le risposte siano solo 'legioni di editor dietro il culo' e 'un'infinità di tempo a disposizione'. Qual è la formula magica che permette a questa donna di ricreare la vita sulla pagina?
Ecco  mi stavo arrovellando su questo quesito ho scovato un'intervista che l'autrice ha rilasciato a Vanity Fair. Forse sì, il segreto è proprio il tempo, la tranquillità di concepire, cesellare, levigare e cullare i personaggi fino a quando non si mettono a respirare.

A proposito di respirazione in questi giorni mi ritrovo spesso col fiato corto, dev'essere lo sballo di marzo pazzerello. E così ho aggiunto alla solita dieta di libri e carboidrati una compressa al dì di vitamine effervescenti, con lo sfrizzolare che  fa da colonna sonora alla mia colazione al mattino. mentre chiamo a raccolta le energie e la motivazione per uscire di casa, lasciando a guardia della Scoreggia di Versailles un poderoso volume di 892 pagine.

domenica 16 marzo 2014

A volte, ritornano (con un sorriso!) come Salvatore Niffoi






Dove vanno le affermazioni che non stanno né in cielo né in terra? Le frasi senza capo ne coda? Cadono con un tonfo sul fegato di chi le ascolta e restano lì a renderlo sempre più pesante? Boh, mistero! Per fortuna ogni tanto ci si imbatte in parole belle (mica belle parole!), discorsi gentili e grandi ritorni.

Tipo ho comprato quasi per caso (era in offerta su amazon in formato ebook) uno dei romanzi che Salvatore Niffoi ha pubblicato con Feltrinelli, Pantumas. I primi suoi libri li ho adorati, ma poi ha iniziato a pubblicare romanzi né carne né pesce, robe confuse, che invocavano un bel po' di editing sulla trama e così ho smesso di leggerlo. Si vede che alla Feltrinelli l'editor è arrivato perché Pantumas fila, eccome se fila, fila, fonde e mi ha avvinto proprio. Evviva!

Sono andata a rileggermi la  stroncatura che avevo postato su Anobii nel 2011 per Il lago dei sogni, l'avevo conclusa con un accorato (miiiiiiiiiiii!): «Ti do un consiglio da fan: pubblica meno, ma pubblica meglio...» A tre anni di distanza è bello vedere che mi ha dato retta. Se questo romanzo finisce bene com'è cominciato e soddisfa a dovere tutta la suspence che ha costruito pagina dopo pagina di Niffoi mi compro anche il romanzo nuovo che é appena uscito La quinta stagione è l'inferno.

sabato 8 marzo 2014

...E si è pure laureato!

 «Mio cuggino mio cuggino,
mio cuggino è rispettato,
amico di tutti.
Mio cuggino ha fatto questo e quello....»

 Elio e le storie tese, Mio cuggino

Chi l'avrebbe mai detto che quel ragazzino, iscritto all'istituto professionale, che d'estate aiutavo con i compiti di italiano si sarebbe diplomato al conservatorio? E così anche il mio cuginetto si è ha una laurea.

Tra l'altro, ha discusso la tesi con addosso la maglietta dei Punkreas. Quanti concerti abbiamo visto insieme? Quand'ero al liceo me lo affibbiavano dietro come  sostegno, punto d'appoggio e scudo umano contro il pogo (sembre meglio che andare ai concerti punk con mia mamma!) e un po' mi piace pensare di aver innescato la miccia delle sue passioni musicali.



Auguri... Auguri cosa? Dottore?  professore?  Qual è il titolo che spetta ha chi ha discusso una tesi in conservatorio? Beh, comunque sia congratulazioni.

Beato lui che è già fuori dall'Italia -  sta a Maastricht ed è tornato solo per la discussione - fa il modello all'accademia d'arte e all'ora guadagna una cifra che qui sembra stratosferica.

Quanto a me oggi, devo affrontare l'appuntamento con la padrona di casa che esige il conguaglio per bollette di luce e gas "molto alte" (non ha voluto svelare la cifra esatta). Ormai, io e Marco non riscaldiamo più nemmeno la brioche la mattina, per timore degli eccesivi consumi del forno. Ogni volta che addento il mio Pangocciolo freddo penso a John Elkann e al suo  «Molti giovani non trovano lavoro perché stanno bene a casa».
Caffè, un prodotto da forno freddo e un vaffanculo caldo, caldo: il modo migliore per cominciare bene la giornata.

domenica 2 marzo 2014

Se il blog potesse parlare...



Sarebbe giusto ora che lo facesse.
Perché niente altro al mondo mi motiverebbe a scrivere oggi. 
Passo e chiudo.