domenica 18 maggio 2014

Mi ha tolto le parole di bocca!

«Mentre scrivo queste parole già rimpiango di averle scritte, perché ho paura che mi facciano sembrare più nevrotica di quanto non sono.  Al tempo stesso, temo che mi facciano sembrare esattamente nevrotica come sono, e rimpiango di non averlo saputo nascondere meglio. Rimpiango in continuazione di rimpiangere le cose, perché potrei investire la mia immaginazione in scopi migliori. Non solo: rimpiango anche di sentirmi in dovere di parlare dei miei rimpianti, non soltanto in terapia ma a cena, al parco giochi, al telefono e sulla carta stampata.

In parte lo rimpiango perché sono fortemente consapevole di come vengono percepiti i miei rimpianti quando li esprimo. Ciò che desidero è esplorare a fondo universi paralleli e esiti alternativi possibili (...).

Credo in un certo senso di essere arrivata a a considerare il rimpianto come un gioco deduttivo che, pur non essendo quasi mai divertente, alla fine riuscirà a risolvere tutti i misteri della vita. Era questo il mio obiettivo? Avrei potuto prevedere un risultato del genere? Come sono arrivata fin qui?  ».

Carina Chocano, Cos'è il rimpianto, su Internazionale n°1050; 9/15 maggio 2014

domenica 11 maggio 2014

Qui la situazione peggiora

Sono un po' depressa e questo mi spaventa perché la depressione è uno dei sintomi di alcune forme di tumore. Litigo con Marco. Tipo che ieri fa mi fa: «Eh, perché sul blog dovresti essere più spontanea, meno ironica scrivevi cose bellissime all'inizio...».

(All'inizio, ovvero 10 anni fa).

E adesso mi spunta alle spalle, legge prima la frase di questo post e si incazza.
Al che non mi resta che fargli notare «Scusa, ma me l'hai detto tu di scrivere quello che sento, senza preoccuparmi di chi legge». E io a volte sento delle fitte in un punto preciso della pancia - a sinistra - e ho paura che sia il pancreas. Ho così paura che non sono andata nemmeno su Google a cercare se il pancreas è a destra o a sinistra. Mi sto proprio cagando in mano e anche a proposito della defecazione ci sono un paio di cose che mi preoccupano. Quando qualche mese fa ho parlato col medico mi ha detto di non preoccuparmi. Ma - come sapete se mi leggete da un po' - io non riesco a non preoccuparmi.

Sempre ieri mattina, per distrarmi dai miei affanni mi sono messa a leggere E così vorresti fare lo scrittore? di Charles Bukowski e solo aprendolo ho scoperto che si tratta di un libro di poesie. Tipo:

Il modo migliore per creare arte è
bruciare e distruggere concetti comuni e sostituirli 
con nuove verità che scendono 
dalla testa 
ed escono dal cuore.

Sarebbe banale e inesatto dire che a me le verità scendono dal naso e escono dal culo. Io le verità le vorrei cercare in una bella ecografia e in una coprocultura. Non ce la faccio più. Mi chiedo se esista a qui in giro un gruppo di auto-aiuto tipo Fight club: «Tu non sei il tuo reflusso gastroesofageo del cazzo!» Continua a venirmi in mente un capitolo di l'Ultima favola russa in cui c'è quella descrizione del tumore che cresce dentro uno dei personaggi a sua insaputa. Ripensando anche a quello che è successo qualche settimana fa, credo che sia arrivato il momento di fare qualcosa, ma non so cosa.

Idee? 
O in alternativa gradite un bel bicchiere di succhi gastrici?


venerdì 2 maggio 2014

Dio di illusioni di Donna Tartt ovvero l'invidia del peana?

Sto leggendo Dio di Illusioni di Donna Tartt. Sì, lo so che avevo stroncato la seconda parte de Il Cardellino, ma la sua prosa mi è sembrata comunque magnifica, e poi ha vinto il Pulitzer. Quindi ho deciso di darle un'altra possibilità. Ora che ho quasi finito anche questo romanzo mi domando perché i giovanissimi protagonisti dei suoi libri sono sempre alcolisti o fattoni. Non tossici da strada, tutti ragazzini altoborghesi o almeno di classe media ma con una disinvoltura verso gli alcolici e le droghe che mi ha lasciato un filo perplessa.

In Dio di illusioni i personaggi non fanno in tempo a farsi passare la sbornia che sono tutti di nuovo ubriaco e ogni pagina è avvolta da quell'incertezza tremula da quarto o quinto bicchiere. Poi, nello specifico di Dio di illusioni, i sei protagonisti sono una specie di isolata confraternita fissata col greco e affascinata dal loro seducente docente. Tipo che chiacchierano in greco antico!

Mi ricordo che in quarta o quinta ginnasio ogn tanto mi sono chiesta anch'io come sarebbero suonati certe canzoni di Ligabue o dei Nirvana tradotte nella lingua di Omero ma non è che la cosa si sia spinta più in là di un paio di versi.

Come ne Il Cardellino l'ossessione per la cultura del vecchio continente è incarnata dal dipinto di Carel Fabritius, in Dio di illusioni tutto ruota intorno a Dioniso e alla sua lingua, venerata in modo ossessivo, quasi malsano. C'è un qualcosa di febbrile nelle pagine che mi ha ricordato Delitto e castigo (che è pure citato, ma senza  menzionare la fonte, ovvero il povero, vecchio Dostoevskij).
Sembra quasi che la Tartt e i suoi personaggi siano rosi da una specie di invidia del peana, tipo Europeo è bello, Americano fa schifo.  Ma faccio ancora fatica a metterne a fuoco il motivo. Strano che a volte i romanzi che consideriamo imperfetti ci ossessionino di più di quelli che schiaffiamo direttamente nell'empireo dei capolavori.