domenica 19 ottobre 2014

Gatti

Sono stata malata e stanca, anche in vacanza. Anzi, più in ferie che durante gli ultimi giorni di lavoro. E in Sicilia non ho finito di leggere un libro che fosse uno. La sera del mio arrivo mi è venuta l'emicrania. Ma io non sapevo che fosse emicrania. Sentivo un dolore all'occhio che si irradiava al lato sinistro testa. Per sette giorni di fila, ininterrottamente. Sono rientrata a casa estenuata.

Dopo una settimana di malattia sono rientrata in ufficio coi nervi a pezzi. Ancora adesso - e siamo a ottobre inoltrato - faccio fatica a concentrarmi su libri troppo lunghi e, anche mentre scrivo, adesso, fatico a strutturare le idee.

Vorrei tanto un gattino: accarezzare Pio,  il più placido dei mici di mia zia, mentre ero ospite a casa sua è stata l'unica cosa che mi ha fatto sentire davvero tranquilla negli ultimi mesi. Affondando le dita nel pelo o facendogli i grattini sotto al collo era se come la rigidità, il panico, l'angoscia che sento dentro ininterrottamente, all'improvviso si dissolvessero. Mi ha procurato un bel po' di autentico sollievo anche se molti considerano questo gesto infantile e, in fondo in fondo, supremamente egocentrico.

Era da anni che non provavo una frustrazione così intensa nel non poter fare qualcosa: non posso decidere di prendere un micio da sola perché non riesco fisicamente a occuparmene. Non posso nemmeno forzare Marco a affrettare i tempi se ora non sente il bisogno di prendersi cura di un felino.
Mi rendo conto che il mio malessere a causa di questa cosa può sembrare sproporzionato, ci sono molte altre cose che non posso fare per via della mia mano sifola (aiutarlo sul serio nelle faccende domestiche, tipo), ma questi ostacoli all'amico gatto li percepisco come un dolore atroce e ininterrotto...

L'ho già detto che capisco benissimo che può sembrare un discorso fuori luogo? 


Uno dei pochi libri che sono riuscita a finire nelle scorse settimane è stato La vita emotiva dei gatti di Jeffrey Moussaieff Masson e nel paragrafo in cui analizzava il rapporto tra coccole a un gatto e autostima mi è venuto quasi di piangere.

Ma non potresti fare le coccole a un bipede?

Non è che non ami Marco o non voglia bene ai miei amici, ma si tratta di una sensazione completamente diversa. Che per qualche motivo non riesco a innescare e riprodurre con gli altri esseri umani per quanto possa divertirmi, amarli e sentirmi rassicurata dalla loro presenza. E forse il gatto è una via di fuga, ma appoggiarmi su quei polpastrelli rosei mi dà una tranquillità impagabile e luminosa.