domenica 18 gennaio 2015

La vita emotiva dei gatti (e la mia)

Da un paio di settimane alla (sco)reggia di Versailles - ovvero nel monolocale dove viviamo io e Marco - è arrivata quella pelosa macchia rossa di Ketchup. E come promesso, perché io sono braaaaaaava, riprendo ad aggiornre il blog.

Qui, nella pila di libri che perennemente staziona accanto al mio computer adesso c'è anche il  dizionario bilingue Italiano -Gatto, Gatto -Italiano.


Dovrebbe esistere anche un manuale sull'essere umano scritto per il lettore felino ovvero Guida completa al tuo coinquilino bipede dove si spiega al micio che se l'essere umano ha una crisi di nervi (che poi, chi la sente mia mamma?!) quando vede graffiato il divano è perché preferisce che l'artiglicure venga fatta altrove.
A volte per me è difficile accettare che arrivata alla fine di una snervante giornata non voglia sempre farsi coccolare ma preferisca accanirsi su un  rotolante e anaffettivo tappo di sughero.
Allora inizio a chiedermi se anche il mio gatto mi odia o meglio, se anche lui approfitta della mia insicurezza per manipolarmi (zampolarmi?!) e farmi fare quello che vuole lui.
Ma proprio toccare con mano l'indole serenamente edonistica di un gatto (col cazzo che mi faccio accarezzare quando non mi va) è per me un segnale da cui prendere esempio.
Un micio adotta ogni strategia in suo potere per stare sereno, che è poi esattamente quello che dovrei fare anch'io.

Ma, nella vita in comune con un gatto, almeno per me, quello che ti fa toccare il cielo con un dito è il momento in cui il pinguino miagolante ti si accoccola vicino e inizia a fare le fusa,  quella situazione che Jeffrey M. Masson descrive così bene in La vita emotiva dei gatti: « Sentirsi desiderati e apprezzati da una creatura all'apparenza tanto flemmatica e indipendente può rivelarsi molto incoraggiante: - Se piaccio tanto al mio gatto ci dev'essere qualcosa di buono in me».
Balsamo per la mia scompigliata autostima...  Meeeeeeowwww!