L'avesse fatto qualche mese fa magari mi sarei risparmiata di comprare su Ebay i due volumi di Solanin al doppio di prezzo di copertina...
Ma vabbè.
Intanto, questa settimana mi sono tragugiata tutto La fine del mondo e Prima dell'alba, che oltre a contenere una serie di storie brevi raccoglie anche un paio di interventi di Sua Genialità Mangosa Asano. Una cosa che mi ha colpito è che davvero uno dei temi cari ad Asano è davvero la percezione che si ha di se stessi con il passare del tempo, in che misura l'identità si mantiene e in quale misura cambia. Siccome suppongo che non si sia capisca una beata minchia di quello che intendevo, provo a trascrivere le parole del sensei:
«Ho già ventisei anni. All'improvviso i capelli diventano bianchi, o cadono, o tutte e due le cose. Mi sento prosciugato. Ancora, quando avevo diciassette anni ero troppo cosciente, la mia visione del mondo era troppo complicata, ero pessimista (...) Dicevo ai miei amici - Io fra dieci anni muoio (...)-. Ero davvero un tipo di ragazzo autoconclusivo. E rendiamoci conto che fra dieci anni è il prossimo anno.(...) Fino ad adesso per me la mattina è stata un reset, una situazione di liberazione. Però ultimamente non la percepisco più così. La mattina arriva per tutti, democraticamente, ma non si ripete mai, non è mai uguale a quella precedente. Ho questa specie di idea. Se qualcuno mi chiede che cosa significhi, bé, non so cosa rispondere. Posso solo dire che è una bella sensazione. Se provassi a spiegarlo al me stesso diciassettenne, non ci crederebbe, forse sarebbe in disaccordo, o mi giudicherebbe un vecchio, o uno che è diventato marcio dentro. Ma va bene anche così. O, almeno, oggi credo che andrebbe bene anche così».
Magari anche l'argomentazione di Asano è un filo caotica, ma leggetevi la storia a pagina 185 e tutto vi apparirà meravigliosamente chiaro, luminoso. Comunque, non so voi, ma io anche, se sono incasinate, leggo quelle parole lì e, con gli occhi lucidi, mi viene voglia di spalancare le mie braccine spastiche e gridare: «Inio, fratello mio!».
E poi c'è quel clima che una volta mi veniva da definire apocalittico, ma che adesso mi viene più da dire che è recessivo. Il licenziamento degli uomini di mezza età che si son sacrificati per l'azienda e la conseguente indolenza disincantata dei giovani (in Domenica, pomeriggio, sei e mezzo).
Al di là dei tocchi di colore esotici, nipponici io trovo tutto questo molto italiano, ed è per questo che mi trasmette e mi coinvolge così tanto.
La stessa amarezza e gli stessi brevissimi, salvifici momenti di grazia.I contratti part time e i ragazzi che non trovano lavoro. Le albe che continuano a sorgere, meravigliose, nonostante tutto.