Da qualche parte in Limonov
di Le Carrère si legge che un buon bolscevico è quello a cui se gli viene
detto che una cosa bianca è nera aderisce a questo diktat e se ne persuade intimamente. Questa,signori, è l’essenza del totalitarismo.
In settimana mi è successa una cosa analoga: mi è stato
chiesto di dichiarare che una cosa nera come le abnormi orecchie di Topolino
era in realtà candida come le piume sul culo di zio Paperone.
Ho dovuto fare buon viso – in gergo lo si chiama faccina di culo – a cattivo gioco ma in
cambio ho sentito una scarica di
ispirazione attraversarmi la spina dorsale. Potente come la deflagrazione
di una scoreggia nel cuore della notte. Qui, gente si sta concependo un Post Office
2.0. Anzi no, concepire è una parola grossa, diciamo che avverto una decisa
spinta propulsiva a buttar giù un paio di cose, e a buttarle giù in un modo
fluido e cristallino, bello da leggere –
alla faccia di Verja Catty -.
Non ce la facevo a non scriverlo ma questo discorso lo
approfondirò con pochi interlocutori fidati e sceltissimi tipo Beerman e anche Davide, che per il momento non sanno ancora
niente. Nemmeno Marco è al corrente, insomma nessuno sa un cazzo fino a quando
questo post non andrà online.
Io ho bisogno – mentre scrivo – che qualcuno mi legga. Non
ho abbastanza fiducia in me stessa, abbastanza autostima per scrivere e
riscrivere decine di cartelle, editarle, lucidarle e poi dire a qualcuno: «Toh,
leggi». Io sono una che alla seconda pagina si ferma, si allontana di mezzo
metro dal monitor, scuote la testa e mentre inizia a sbatterla contro il muro
si mette a urlare «Ma che fregnacce ho scritto?» e poi cestina tutto. Qui
bisogna perseverare, resistere, essere i
primi dissidenti di se stessi.
Decisamente la lettura della biografia di Limonov mi sta influenzando mica male. E
pensare che l’ho comprato per caso perché era l’Offerta Lampo del giorno su
Amazon attratta esclusivamente dal prezzo poco meno che stracciato. : «Manca
solo che mi metto a comprare gli ebook a cazzo» mi son detta. E invece Limonov è una di quelle biografie
potenti di scrittori di culto che
espolodono come granata nel cuore degli altri aspiranti scrittori di culto.
Tra l’altro, Eduard
Limonov è una specie di scrittore di culto – un Bukowski dell’ex URSS – suo
malgrado. Pare che gli interessino solo la fama e la rivoluzione. O forse no. Del
resto chi sogna di lasciare un segno nel mondo della letteratura, superati i 30
difficilmente è così naïf da sbandierarlo ai
quattro venti. Meglio passare per stalinista nostalgico nella Russia sbarellata di Putin.
postoffa pure, cinaskina! io ti seguo
RispondiEliminafammi sapere quando ci si può vedere che ne parliamo
beerman