sabato 29 dicembre 2012

Festività col botto!


Ci siamo lasciati un faticoso Natale alle spalle e ci volgiamo con cauta fiducia verso un Felice Ano Nuovo. Ho rivisto mio cugino, che sta studiando musica nei Paesi Bassi e sono rimasta esterrefatta dalla prodigiosa capacità di linguaggio che ha misteriosamente acquisito: l’ho sentito infilare con disinvoltura l’aggettivo aleatorio in una frase. Ne è passata da quando l’aiutavo a fare i compiti di italiano delle superiori e gli passavo i cd dei Punkreas. Adesso studia basso, contrabbasso e improvvisazione jazz.

Oltre a aggiornarmi sugli sviluppi esistenziali della parentela, ho letto l’ultimo della Rowling (bello bello!) e ho scoperto i fumetti di tal Bryan Talbot: il suo Alice in Sunderland è magnifico, pieno di contenuti e colori brillanti.
Con il pretesto di ricostruire la storia della città di Sunderland e i suoi legami con Lewis Carroll, l’autore ripercorre la storia della cultura inglese dall’antichità ai giorni nostri, presentando in un turbinoso concatenarsi di tavole figure come San Beda il Venerabile e protostar del pop britannico come George Formby. Tutto il volume è infarcito da collegamenti che assomigliano a spericolati voli pindarici, nozioni eclettiche e curiosissime, ma che l’autore garantisce essere tutte vere. Ho scoperto ad esempio che McCartney ha letteralmente sognato la melodia di Yesterday una canzone che – per inciso – inspiegabilmente da sempre mi fa venire gli occhi lucidi ogni volta che l’ascolto. God save United Kingdom: quasi quasi mollo tutto e ce ne andiamo Oltremanica…
Purtroppo ahimè una questione iberica mi trattiene, dopo Infinite Summer qui si sta organizzando l’Infinite Winter con la lettura di Don Chisciotte. Ma dalla Manica alla Mancia il passo è breve (?!) si tratta pur sempre di un viaggetto mica male…

domenica 16 dicembre 2012

Io e la metereopatia (la neve è una catastrofe meravigliosa!)

I figli crescono, le mamme si fan la tinta, le foglie cadono e le palle anche. Le aziende fottono, i sindacati se ne lavano le mani. Chi se l'è preso nel culo può solo farsi il bidet.
Sbagliare a soffrire e non fare la cosa giusta incazzandosi. Limitare al massimo le crisi di nervi ("Certo che tu al posto mio...").
Avvicinarsi al punto di rottura, oltrepassarlo e accorgersi che non si è più in frantumi di prima. Sentirsi esausti. Ignorare la propria stanchezza. Crollare sulla spalla del fidanzato /a (un  tripudio lunghissimo di  baletti russati e senti come bruxi)
Valutare missioni impossibili ("Ma perché sempre io? Che poi alla fine son sempre kamikazzi tuoi...").
Rodersi perchè i giovani aquilotti enegici e speranzosi - sia pur con le ali tarpate non si accorgono che li stanno platealmente fregando ("Ma non ricordi che tu agli albori del tuo vacillante cammino di catprot nutrivi la stessa, fulgida fidicia?").
I dolori articolari. Il collo distrutto senza neanche i canini di un vampiro affondati dentro ("Meno male che non sei una giraffa, allltrimenti si che sarebbe un casino lunghissimo, la cervicale!").
Il perplesso passaggio alle nuove tecnologie di lettura - mettersi a scrivere era stato assai più intuitivo,  divertente e low cost): sarà l' #epicfail ovvero il Kindle in the Wind?

domenica 9 dicembre 2012

Natale al palo



Qui se va avanti così scoppia la rivoluzione, o scoppiamo noi.
call center che vengono chiusi per infiltrazioni della ‘ndrangheta ( e decine di persone – tra cui Marco – che restano senza lavoro).
Mi hanno ricordato che le mafie si infilano sempre nei business e nelle aziende di piccole o medie dimensioni, ma in un primo momento non ho potuto fare a meno di pensare: «Minchia, se pure la ‘ndrangheta invece di investire nel traffico di droga e in affari con i poteri forti punta al call center c’è grossa crisi proprio per tutti».

Il lavoro delle persone si sta trasformando sempre di più in uno sfruttamento legalizzato senza manco la garanzia di una continuità temporale. Finchè dura dura (come dice il calzolaio di famiglia dopo una riparazione da 2 Euro).
Poi, naturalmente son  mastodontici cazzi tuoi.
Tornando al call center ko, il padre del proprietario dell’azienda – contattato dai dipendenti proprio dalle loro postazioni di lavoro – ha detto che con un figlio in carcere ha ben altro a cui pensare e questo è l’ultimo dei suoi problemi. Io penso a tutte le giovani mamme  che hanno lavorato per ‘sta famiglia di stronzaioli  (sottopagate e con contratti ridicoli) e non riesco a trattenere un profondo disgusto. Tutta la nausea che si è costretti a ricacciare giù  giorno dopo giorno con un sorriso a 32 denti stampato in faccia.
Il sistema produttivo nel suo complesso assomiglia sempre di più a una bomba a orologeria. Tu che ci sei entrato sai che salterai in aria, ma non sai quando e devi convivere dissimulando quotidianamente la paura e affrontare tutto con sorridente fatalismo.
Una persona non può non chiedersi se ci sia un modo di disinnescare l’ordigno per rimettere in moto il giocattolo su basi più sane. Ok, il mondo rose & fiori non è mai esistito e non esisterà mai.
Ma un mondo un po’ meno corroso e inculante, un minimo più sano ed equilibrato  sì. Se così non fosse significa che non c’è più speranza, solo sopravvivenza. E senza la prospettiva di un futuro, per quanto limitato negli orizzonti, significa che siamo tutti animaletti in trappola.

Nel frattempo, per staccare la spina a questi ansiogeni pensieri leggo  in e-book Gaetano Cappelli (Il rapporto tra seghe adolescenziali e creatività autoriale fa sbellicare) e mi sono registrata a Pottermore, cercando di capire come funziona la faccenda.
Anche se pure la digitalizzazione  totale del mio intrattenimento e della mia vita intellettuale  mi inquieta un po’. Ci stiamo affaticando tanto per supporti effimeri e per un pugno di byte?

domenica 2 dicembre 2012

Vintage Intelligencija



Sono andata a votare al circolo culturale dietro casa e sono rimasta sbalordita  dalla quantità di orpelli nostalgici. Gigantografie del Che e del compagno Lenin e dietro l’urna elettorale addirittura uno stendardo ricamato con i caratteri in cirillico. Non è il caso, dico io, di integrare i riferimenti culturali aggiungendone altri un attimino più contemporanei e meno controversi?

E io sono una che ha sempre in bocca quella frase del Che «Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. È la qualità più bella di un rivoluzionario».

Però qualche riferimento in più a figure più attuali  tipo Muhammad Yunus, credo che a naso sarebbe gradito da molto. Comunque vai Pierluigi e che la Forza sia con te.

Ah, a proposito di ingiustizie commesse contro chiunque ieri ho sentito un’altra categoria protetta, ex svuotatrice di scatoloni. Assunta da un’azienda per un ruolo commerciale, è stata fatta fuori alla fine del periodo di prova. Non la sentivo da un po’ e quando mi ha raccontato che prima di essere silurata si occupava di vendite confesso che sono rimasta un attimo esterrefatta.

Nessuna azienda vuole un povero stronzo handicappato, meno che mai un povero stronzo handicappato che la rappresenti in fase di vendita

E poi secondo me l’hanno segata perché la società non voleva assumersi le responsabilità di una categoria protetta in movimento a cui (per motivi assicurativi) era costretta a rimborsare gli spostamenti, mentre su gli spostamenti delle altre figure commerciali poteva beatamente glissare.
Non importa quanto tu sia brava a vendere, volenterosa e piena di abnegazione – le ho detto - per l’azienda sei sempre e comunque una rottura del cazzo. E se andrà dai sindacati scommetto che la faranno sentire una trituratrice di cojoni pure loro. Spero che il buon Bersa se vince le prossime politiche agisca anche in questo senso, perché ragassi le categorie protette non son mica qui a scippare l’invalidità a Gamba di Legno.

domenica 25 novembre 2012

Chi visse sperando, morì votando(?)



Eccomi di ritorno dopo aver espresso la mia preferenza per Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra, in attesa di poter votare un giorno la mia amica Elena, pacatissima nei modi elastica nel contesto, ma decisa nei contenuti e ferma nei valori.
In fila con noi c’era un’arzilla signora bolognese, ex professoressa di latino e greco, spaventata all’idea che vincesse quel «piazzista» di Renzi.
Eppure c’è chi ritiene inevitabile la vittoria del sindaco di Firenze: «perché Bersani è un vecchio, Vendola un finocchio e Matteo Renzi l’unico che ha un’aria vincente».Mentre ricordavo queste cose, la pasionaria, continuva:

«Mica come D’Alema che si è fatto tutta la scuola di formazione  - durissima – di partito, come si chiama? Ah, le Frattocchie…» Siccome la signora era molto simpatica e agguerrita non ho avuto cuore di dirle che sì Renzi è un mezzo pirlone, ma Marximiliano puzza di stantio e di apparato.(Che sia sul serio Tabacci il nuovo che avanza?!)

Staremo a vedere e che vinca il migliore.
Per quel che mi riguarda sostengo il buon Nichi in modo decisamente più tiepido rispetto al passato. Incensa troppo e è stucchevolmente romantico verso la Cgil, quando è lampante – e mi duole tanto dirlo – che il sindacato per i lavoratori non fa più un emerito. Tuttavia non riesco ancora a  emanciparmi dallo stramaledetto voto di appartenenza. Vendola è cattolico e comunista e in quanto rappresentante di quelli che considero i miei valori non riesco a non votarlo, anche se ogni tanto i suoi discorsi mi sembrano usciti da un comizio del 1900.
Però oggi il voto era inevitabile e invitante come un rito propiziatorio. Che qualcosa cambi prima o poi. Perché come ci detto la signora bolognese in fila con noi: «Bambini (!), bisogna avere speranza…».

domenica 18 novembre 2012

Aldo Busi a Bookcity (c'ero anch' io in culo al mal di schiena)!



Anche se c’avevo la schiena ridotta una colonna dolente tipo quel quadro di Frida Khalo, ieri sono andata a vedere Aldo Busi in Triennale. Perché  se uno si fa dominare dalle sue sciagure di salute, alla fine non fa più un cazzo.
Triennale dove non ero mai stata e che, tra l’altro è un ambientino sciccosissimo, mica male.
Lo Scrittore – che ha detto tra le altre cose che sarebbe felice di rinunciare alla minuscola – ha letto un po’ di brani di El specialista di Barcellona e ha risposto alle domande del pubblico.
Cosi alla fine ho potuto fargli la mia famosa domanda sul suo rapporto con brescianità & Balzac che avevo in testa da anni. Mi ha risposto che non si sente autorialmente molto vicino al francese perché è un autore troppo di trama. Di sicuro Balzac indulge molto al sentimentalismo, anche se lo condisce con una buona dose di cattiveria e la provocazione la celava tra le righe. Busi invece è provocazione & morale tutte d’un pezzo. Lo si è visto nelle sferzate che ha tirato ai giornalisti con posti riservati in prima fila. Ho avuto l’impressione che non ami le presentazioni, forse per la scia di retorica che si tirano dietro. Naturalmente è finita in politica. C’era chi gli ha chiesto perché non se n’è andato dall’Italia.
E lui ha raccontato che a 42anni aveva fatto più di un pensierino all’Australia. Aveva anche i soldi.
Ma la sua mamma gli ha detto «Se vai lì mi fai morire».Così è rimasto.
«E crepa, cazzo!» ha concluso l’aneddoto pour épater la bourgeoisie.
Ha anche infierito contro la gente che si iscrive a Scienze della Comunicazione e che vuole andare a fare il pr  senza capire che non tutti potranno occuparsi di quello.
Qui mi è sembrato che il cuore della questione giovanile sfuggisse un pelino anche all’Ottimo.
Il punto non è, dopo una scelta infelice, accettare di andare a raccogliere i pomodori. Tutta la mia generazione è venuta a patti con questa cosa. Non una vita straordinaria ma una vita di straordinari.
Il punto è fare in modo che la professione di raccoglitore di pomodori sia contrattualmente dignitosa e rispettosa della persona. E da questo siamo lontani anni luce.
Tornando a Busi ha una capacità di stare sul palco e un’energia  affabulatoria davvero mostruose. Legge benissimo. Prima di dare lettura dell’ultimo brano si è scusato dicendo che non l’aveva mai letto in pubblico e che non sapeva cosa sarebbe accaduto. Beh, è accaduto che si è commosso.
Grande pomeriggio, grandi letture.
Brào Aldo!

sabato 10 novembre 2012

Incalzanti aggiornamenti



La microconferenza all’istituto professionale che ho tenuto a inizio settimana è stato un successo. Il pubblico erano un paio di classi di sole ragazze, quindi il clima era, come dire, un pochino più confidenziale. Anche perché sono tutte fan di Grey’s Anatomy e ne abbiamo parlato un po’ con entusiasmo. Per inciso, ho ricominciato a vedere l’ottava stagione su La 7. La settima me la sono persa tutta e devo fare in modo di recuperarla. Rendermi conto che trasmettevano una nuova stagione in chiaro è stato un po’ come scoprire che era uscito un nuovo libro di Irvine Welsh senza che lo sapessi (vedi post qui sotto).
La cosa potente di Skagboys – dopo averne letta un buona metà posso dirlo – è che pur essendo ambientato nel 1984 sembra fotografare la situazione attuale. Tagli alla spesa pubblica e la frustrazione diffusa ovunque per disoccupazione e lavori precari e sfruttamento.
Da come scrive Welsh sembra che l’eroina abbia attecchito in Scozia proprio perché la struttura sociale e del lavoro stava marcendo.
Mi chiedo se a breve farà capolino qualche nuova sostanza devastante che darà alla gente l’illusione di poter sopportare ancora a lungo questa cronica assenza collettiva di speranza.
Per il resto il libro è scritto alla grande, anche se in un paio di momenti imperniati sulla suspence ho capito al volo dove l’autore voleva andare a parare. Maledetto studio della drammaturgia che ti scippa tutto il gusto dei colpi di scena.

sabato 3 novembre 2012

'Guri!



Come qualcuno di voi ricorderà lunedì scorso ho compiuto 29 anni.
Avevo pensato di celebrare la data riportato alcuni versi dell’Evgenij Onegin di Puškin:

«E' vero, proprio vero, / che senza elegiache illusioni/ è fuggita la primavera dei miei giorni/ (cosa ch'io ripetevo finora scherzando)?/Ed è proprio vero ch'essa non ha ritorno?/ Vero proprio che presto avrò trent'anni ?»

Sì, sul mio collo sta per abbattersi la mannaia dei 30, che immagino dia il colpo di grazia alle sparute velleità intellettuali superstiti.
Però lunedì 29 ottobre in pausa pranzo è successa una cosa che mi ha fatto pensare che quello che fugge a volte ritorna anche. Sono andata alla Feltrinelli insieme  ai miei colleghi (che mi hanno donato Habibi)  per offrire il caffè a tutti quanti,  e cosa ti trovo esposto sullo scaffale delle novità? L’ultimo romanzo di Irvine Welsh, Skagboys, che è il prequel di Trainspotting.
Trainspotting che quando l’ho letto avrò avuto più o meno la metà degli anni che ho adesso. Però da quando l’ho letto Welsh non l’ho più lasciato. Ha scritto cose stupende (Ecstasy o Il Lercio), cose decisamente merdosette ( tipo Tolleranza Zero e Sepenti a sonagli)  e cose che lasciano leggere (Colla), ma è diventato una costante con i suoi alti e bassi.
Uno scrittore non può buttare giù solo capolavori. Anche se un lettore come me poi magari si incazza perché ha speso 20 euro per una minchiata.
Però questo qui è un libro con quelli che sono probabilmente i suoi personaggi migliori, eanche se finora ne ho letto solo una sessantina di pagine ma non credo l’abbia toppato. Io quel libro lì manco lo sapevo che usciva, ma averlo trovato così per caso e rendermi conto che non è una puttanata mi fa sentire davvero benissimo. Certo, le cose  cambiano.
Non considero più Welsh il non plus ultra come quando andavo al liceo. So che come autore a volte fa cilecca e ha i suoi limiti strutturali.
Non è mica Balzac (che – per inciso – ha anche lui i suoi bei flop)
Però mi entusiasma un sacco, trovo che abbia un bello stile e qualche volta dei veri colpi di genio.
E questo se non è cambiato negli ultimi 15 anni non cambierà nemmeno nei prossimi 30.
Ok,  la gente cambia, i gusti cambiano, le priorità si modificano. Diventiamo più, cinici, smaliziati, rassegnati e cattivi anche. Facciamo di tutto per arginare questo stronzissimo processo, anche se per la maggior parte del tempo abbiamo la sensazione che dipenda da noi solo per una percentuale ridicola. Eppure in tutto questo deterioramento inarrestabile ci sono cose che cambiano ma si mantengono, anche se sfumano e si allontanano un po’. Però, anche se finiscono accatastate dietro una pila di altre cose, ci sono e ti fanno vibrare di goduria per una frase ben scritta.

domenica 28 ottobre 2012

...Alla fine quel che conta è il principio (?)



Curiosamente, proprio mentre rileggevo Vita Standard di un venditore provvisorio di collant, ho avuto una settimana particolarmente difficile che mi ha confermato – una volta di più – che questo è proprio un mondo di Melma.
Mi sono abbarbicata al pensiero di Marco come un bradipo al suo ramo per cercare di mantenere un minimo di lucidità e non catapultarmi giù dal balcone senza parapatata.
Anche se - lo so – la resistenza al contesto italico lomettiano dovrebbe essere una questione etica.
Uno dovrebbe essere in grado di tener duro e tenersi alla larga dal punto di rottura esclusivamente per ragioni  di principio.

Quando la corona sbrilluccicante di buoni propositi cade giù dalla testa dei nobilissimi principi che guidano la nostra vita e la rettitudine vacilla sotto il peso della stanchezza, della disillusione e della mancanza di speranza,  allora si arriva alla conclusione che – se funziona – va bene anche il sentimentalismo, e una si sente legittimato a puntellarsi al pensiero del moroso.
E sulla convinzione che passerà.

Intanto venerdì sera ho letto Furari di Taniguchi e ho scoperto il sorprendente mondo degli haiku. Quelli del poeta Issa, citati nel fumetto mi hanno proprio folgorata(«La Luna piena / prendimela subito!/ Piange il bambino» Come fai a non adorare versi del genere?). Sta’ a vedere che è volta buona che mi appassiono a un po’ di poesia.

sabato 20 ottobre 2012

Affinità e divergenze tra la massa, lo Stato e noi (del superamento della disabilità)



Rileggo Vita Standard di un venditore provvisorio di collant .
Qualcuno diceva che da giovani si legge e da adulti si rilegge, ecco quindi  che nel blog risuona un inequivocabile segnale di adultità.

Ma più che la mia (improbabile), mi sorprende la maturità della prosa busiana, che assomiglia incredibilmente a preveggenza (la prima edizione è del 1985). A me lascia sempre incantata la chirurgica delicatezza con cui Busi affronta certi temi.
A rileggere quelle pagine lì colgo meglio la struttura narrativa, i rimandi interni, i parallelismi tra personaggi, i ribaltamenti: all’imprenditore micro borghese che sfrutta le babau deformi per la sua industra nasce la figlia mongoloide. E da bravo cattobigotto vorrebbe farla fuori.

Qualche giorno fa girava voce che lo Stato, in attesa di poter tagliare la testa ai disabili stava tagliando tutto il resto. Poi il Governo ha fatto marcia indietro, ma la cosa non mi sorprende.
Non è per cinismo, è che le persone fanno fatica a capire quanta fatica ci mette un povero stronzo handicappato ad andare avanti. Senza – beninteso – voler affermare che per i poveri stronzi normodotati la vita  sia rose e fiori.

Ognuno di noi ha un sacco di problemi. E il sacco di problemi personali un handicap ambulante se lo tira dietro in un corpo provato dalla vita, in molti casi già da embrione.
Da questo corpo tarato derivano 2 ordini di problemi:

1) logistici
2) culturali

Quando sono sotto la doccia e chiamo ‘Mooreee, non è per  un preludio di un gocciolante  momento di passione che chiamo Marco.
E’ per aiutarmi a uscire. Perché certi giorni ce la faccio, certi altri no.
Non è una cosa facile da spiattellare in giro. E’ la tipica situazione che preferisco rimuovere, come il  fatto che non riesco a tagliarmi la carne nel piatto.

Poi  con un deflagrante effetto domino, da tutti questi impedimenti fisici  deriva un’infinita serie di pregiudizi culturali .

Spesso si tratta di veri e propri voli pindarici rispetto alle questioni strettamente pratiche  che li hanno generati. Ad esempio il fatto che da handicappati non si possa lavorare, o che il beato handicappato (in realtà falso ebete) non possa comprendere tutta la galassia di altri dilemmi che affligge il resto del mondo, ma che in realtà condizionano anche lui. Avere problemi di salute non ti esonera da tutti gli altri, ma questo tantissima gente non lo sa.

E credo che non lo sappia nemmeno lo Stato italiano, ma - lo ripeto - non mi sorprende perché un’istituzione è espressione di quello che un paese è. La beata ignoranza dello Stato  non è aggressiva, direi  piuttosto che sembra una quieta e pigra indolenza, condita da una buona dose di auto-indulgenza.

 Mettersi nei panni altrui è sempre imbarazzante, perché farlo per soggetti così poco appetitosi dal punto di vista economico, relazionale, sessuale e elettorale? Mah, boh, umpf.

sabato 6 ottobre 2012

Non sorridiamo alla vita: mettiamole un filo di rossetto!



Essere ottimisti.
Protendersi al meglio.
(Stra)Volgere il negativo al positivo.

Un po’ come trasformare Le avventure di Pinocchio o quelle di Pollicino nelle Avventure di Pisìcchio e di Pollicisì. Per non parlare di una raccolta di novelle orientali che si trasformerebbe in Le Mille e una Sìtte.

Perché snaturare costantemente l’essenza delle cose?
Non è forse meglio guardare in faccia le brutture dell’esistenza e dirle: «Senti cara, forse è il caso che ti dai una pinzettata alle sopracciglia?».
Un po’ di make up ben fatto è meglio che girare la faccia dall’altra parte e fare finta che vada tutto benessimo: «Sei bellissima anche così».


©B. Lacombe (Fatevi un giro sul suo sito!)
Comunque continua a riempirmi di genuina felicità girovagare nella sezione ragazzi delle librerie.
In particolare sfogliare la sezione degli illustrati come Le quattro stagioni di bosco di Rovo e i libri  di Benjamin Lacombe, che forse prima o poi mi comprerò.

Ieri, ho visto esposto in vetrina un nuovo romanzo di Gaetano Cappelli che si intitola Romanzo irresistibile della mia vita vera raccontata fin quasi negli ultimi e più straordinari sviluppi.
E mi sono resa conto che sto invecchiando, perché ho rinunciato all’acquisto di impulso ( e se magari fosse una sòla da 16 Euro? ) .  Forse è la saggezza dell’esperienza o forse la crisi che spinge ad avere cautela nei consumi (mai comprare un libro se non ha una media di recensioni positive da 4 stelline su Anobii).

Però il mio cinismo mi fa pensare.
Se uno non si abbandona con fiducia tra le pagine del nuovo libro del suo scrittore preferito, che cosa resta?
C’è stato anche un altro pensiero la cui formulazione mi ha sorpresa.
Baci a colazione di Cappelli è uscito sotto Natale dell’anno scorso.
E che capolavoro può tirare fuori dal suo sia pure mirabolante  e cervellotico estro in una decina di mesi?
Nell’attesa di entusiasmanti recensioni, signori, io diffido.
Trepidante, perché non vedo l’ora di essere smentita.



sabato 29 settembre 2012

L'audacia è la virtù dei colti?



Tra poce ore mi aspetta la Infinite Summer Night.
Entro 21 corrente mese avrei dovuto finire Infinite Jest, ma l’ho abbandonato a metà,  per la sua natura di amplificatore di disagio. Quest’estate ne ho avuto troppe rigorose e pindariche stati di malessere per accollarmi anche quelli dei personaggi.
Ebbene sì, ho gettato la spugna ma devo comunque finirlo se voglio scrivere l’articolo su Boo Incandenza per la rubrica su Letteratura & Disabilità che La Vegana mi ha proposto di tenere su Finzioni.
Ecco, Incandenza sarebbe senza dubbio un punto fermo, probabilmente di arrivo.
Poi sicuramente i personaggi di Irvine Welsh, magari per iniziare.
Anche Busi va sviscerato a dovere: in Vita standard di un venditore provvisorio di collant fanno capolino i personaggi della poliomielitica Santina Tartaglione e tutta l’intricatissima vicenda di Georgina Washington.
Se ne scrivo, si impone un’impegnativa opera di rilettura.
Poi mi viene in mente che tanti anni fa ho letto pure Achille piè veloce di Benni che, mi ricordo, grondava di feroce malinconia.
Ma in mezzo c’ è un abisso di dubbi.
Solo Letteratura con la L maiuscola o anche narrativa di consumo?
Non ho mai letto i libri che hanno ispirato dei bei film come lo Scafandro e la Farfalla o Quasi amici – che ho visto la scorsa settimana e che mi ha fatto ridere tantissimo .
Poi ci sono i 2 bestsellers italiani freschi freschi: Zigulì e Se ti abbraccio non avere paura.
L’editoria pullula di pubblicazioni di handicappati, che sono forti ed emotivamente coinvolgenti, poiché la materia è sempre un argomento bello peso.
Ma basta il valore di testimonianza ( «Ho molto sofferto e quindi ho il diritto di parlare» Artaud©) a dare qualità letteraria – estetica oltre che etica - alla faccenda ?
Chi mi legge sa che è dal 2003 che snervo su questo punto.
Parlarne, come parlarne?
Temo l’epic fail, e su un tema così delicato il rischio è sempre che l’epic si trasformi in pathetic.

A proposito di vicissitudini letterarie e scivolamenti dall’epico al patetico sto leggendo Il bottone di Puškin di Serena Vitale, una di quelle ricostruzioni storiche così avvincenti da sembrare un romanzo.
Sapevo che il poeta era morto in un duello, sapevo anche che il movente era la gelosia, ma dietro si nasconde una figura molto più complessa di un semplice triangolo amoroso, una mostruosità sentimentale che lascia davvero esterrefatti: un bel cavaliere francese fa la corte alla bellissima e ingenua moglie del poeta – che forse – contemporaneamente se la fa con una delle due cognate e concede l’altra in sposa al francese, che ci ha provato con la consorte.
Come se non bastasse, lo sposo ha un legame ambiguo con il padre adottivo che però si presta a fare da intermediario tra il figlio e la Puškina.
 Chissà se Puškin avrebbe voluto che tutto ciò venisse tramandato ai posteri? Pare che sulle ragioni del duello la critica russa ci sia spaccata la testa. Ma oltre a questo il libro ha il merito di raccontare in modo davvero suggestivo la personalità dello scrittore russo, emotivo, impulsivo e capace di rotolare giù dalle vette del sublime agli abissi della paranoia in tempo record.


sabato 22 settembre 2012

Tira più un pelo di fiX@ che una valanga di Seo



In questi giorni sto dando un’occhiata a Le nuove professioni del Web di Giulio Xhaet.
Dopo un anno di lontananza dalle dinamiche della rete mi sono messa in testa di ricominciare a studiare teorie & tecniche della comunicazione online.
Con un occhio al Seo che credo sia la mia grande lacuna.
Ne parlavo anche ieri con La Vegana.
Vorrei posizionare meglio Categorie Protette, ma più che il posizionamento a me elettrizzano i contenuti.
E quello che la gente cerca online è sempre quello.
Quindi, vediamo se in seguito a questa storiella gli accessi aumentano.

Il signor cazzo era una creatura tenera e sensibile, ma la sua radice morbida era nascosta da un fitto strato di peluria che celava alla vista la sua anima morbida.

Anche la signorina vagina aveva i suoi problemi. Anche lei era di indole delicata. Al punto che era solita tossicchiare sangue come l’eroina tisica di un melodramma dell’800.
Era di natura timida e umorale per cui queste secrezioni le causavano frequentemente imbarazzo, un po’ come i peli che la ricoprivano e per indispettirla le tiravano il clitoride e la apostrofavano con un volgarissimo: «figa» che la irritava tutta: allora si affettava in farmacia a comprare un tubetto di lenitiva.
Applicarla le causava un po’ di bruciore: «Gino-Canesten!» mormorava allora tra i  denti stringendo le grandi labbra.



Naturalmente il signor cazzo e la signorina si incontrarono.
Lui la invitò al pub(e) in stile irlandese per un boccale di sborra e lei accettò sia pure un poco esitante.
Ma alla fine un po’ alticcia e bagnata finì per confidargli tutte le sue secrezioni.
E vissero così felici e copulanti.
Nelle faccende domestiche, la scopata serale al pavimento la davano sempre insieme.

domenica 16 settembre 2012

Povero Dante, ti regalerei un buono Feltrinelli....



L’Alighieri – fa notare – Marco Santagata in Dante, il romanzo della sua vita, probabilmente non ha mai comprato un libro in vita sua. Perché nel Medioevo i volumi costavano un occhio della testa e lui era abitualmente in precarie situazioni finanziarie.
E’ un’osservazione che mi tormenta da giorni.
Vi pare giusto?
Invece l’infinitamente più mediocre sottoscritta ha il mono straripante di libri e – addirittura – riceve inviti per presentare il suo Voragine forever in una scuola superiore.
(Non credo che a Dante sia mai successo).

Minimizzo perché un po’ mi imbarazza ma in realtà la proposta mi ha entusiasmata.
Si tratta della possibilità di fare quattro chiacchiere con dei ragazzi che studiano per lavorare in ambito socio educativo.
La proposta è partita da una loro insegnante (!) che ha letto il libro e ne ha parlato a un’amica che aveva organizzato una presentazione nel lontano 2007 e che mi ha contattata per inoltrarmi quest’idea.
Di solito le presentazioni mi gettano nel panico e all’epoca ho sempre cercato di evitarle.
Ma questa volta è diverso, sono stranamente entusiasta.
Sarà la possibilità dopo 10 anni di mettere piede – su invito – di un posto che a suo tempo mi ha sempre presa malissimo
Yeah-yeah, la teenager che è in me – cari miei – pregusta l’evento e gongola.

Nella bella mail che Silvia mi ha scritto conclude con (lei l’ha scritto in un gioioso maiuscolo): “Perché malgrado tutto è amore… Anche per la cultura che tu ci regali!”.
La prima parte della frase mi ha commosso.
La seconda invece mi ha lasciata un po’ sorpresa, con quel mitragliamento di k che ho messo in V.F. e che con la consapevolezza dei miei 29 anni sento (era ora!) di dover giustificare.
Come ha suggerito il mio amico Roberto invece che Jack Frusciante è uscito dal gruppo potrei citare come padri nobili della scelta stilistica addirittura Sao ko kelle terre
Certo che se a alimentare gli appetiti culturali delle persone ci deve essere una volenterosa ma sprovveduta ventenne in trauma postoperatorio come ero io all’epoca, allora il panorama italiano intellettuale attuale, capace di parlare davvero alle persone non è un gran bel vedere…(a parte Aldo Busi, naturalmente!)

domenica 9 settembre 2012

Appesi a un paio di cuffie


I miei 2 ultimi giorni di ferie sono stati turbati da questa storia che mi ha raccontato un operatore telefonico di mia conoscenza.
Questo call man lavora a progetto per una di quelle società a cui le grandi compagnie telefoniche appaltano la vendita dei loro pacchetti. È un lavoro duro, sfiancante a volte ( riuscite a immaginare le tonnellate di insulti che costoro si beccano ogni dì?).
Se si riesce a stabilire un numero prefissato di contatti si guadagnano 400 Euro, fissando un certo numero di appuntamenti con potenziali clienti invece si può arrivare a 600 euro al mese, ma è veramente difficile riuscire a varcare la fatidica soglia.
Sembra già un miracolo arrivare ai 400 Euro, mi dicono.
E arrivati a fine mese non resta che aspettare che l’azienda paghi, aspettare pazientemente.
Ma anche quest’attesa pare che possa rivelarsi estenuante.
Perché il versamento del bonifico può venire posticipato anche di settimane rispetto alla data prevista.
E i responsabili non si fanno vedere.
E allora accadono  cose incredibili.
Di questi tempi pur di lavorare uno accetta qualsiasi cosa. È proprio l’accettazione consapevole dello sfruttamento che – dovrebbe – mettere al riparo una persona almeno dal rischio di ritrovarsi a chiedere l’elemosina.
Ma questo anonimo call man mi ha raccontato che l’altro giorno, mentre gli operatori –  gettate le cuffie all’aria e tumultuando per il mancato versamento dello stipendio – ha visto avvicinarsi una loro collega con un cestino. Alcuni si avvicinavano e vi deponevano del denaro.
Incuriosito, quando lei gli si avvicina le chiede: «Per cosa stai raccogliendo quei soldi?».
Una raccolta fondi per finanziare la protesta?
«Ho due figli» è la stupefacente e quieta risposta di lei.
Ah, una raccolta per presi per i fondelli.
Un povero stronzo si sottomette consapevolmente allo sfruttamento, consapevole che un lavoro sottopagato è uno degli ultimi baluardi contro l’imbarazzo di dipendere dai parenti.
Ma so lo stipendio non arriva e se dopo la fatica si deve scendere a patti anche con l’umiliazione di chiedere l’elemosina ai colleghi, allora qualcuno mi sa dire che senso ha tutto questo?

mercoledì 5 settembre 2012

La granita è finita


Per prima cosa fatemi dire che il vantaggio di non andare in vacanza è che non si subisce lo stress da rientro.
Erano anni che non viaggiavo. Per cui il ritorno dalle ferie in Sicilia è stato un mezzo trauma.
Invece l’ingresso ufficiale nella famiglia di Marchionnolo è stato un mezzo trionfo, coronato dall’ sms del cugino Gae che gli faceva i complimenti (!) per la sottoscritta.
Questi siculi saranno anche flemmatici ma non c’è n’è uno che si permetta di mancarti di rispetto perché sei handicappato ( Terronia Padania: 1-0)
La provincia di Messina è tutto un rigoglio di fichi d’India, palme e cannoli alla ricotta.
E dal balcone della casa di Marco si vede il mare che non è il colore verde che conoscevo ma proprio trasparente e – in certi tratti di costa addirittura blu -.
Per lenire la malinconia della routine mi sono ingozzata di cioccolata di Modica e sto leggendo una biografia a fumetti di Hokusai così mi sembra almeno di continuare a vedere cose nuove.

Sono sempre più convinta che sia necessario rimettersi a scrivere seriamente, con tutti questi santoni della letteratura e dell’esistenza che ci sono in circolazione: non li posso più sentire (ora non è che io sia un genio ma di sicuro non sono peggiore di te).
L’unica cosa che vorrei ascoltare è il rumore delle onde e ciao. Credo che mi iscriverò in piscina anche se non credo che sarà come andare al mare. Ma contro il logorio della vita di merda bisogna tirare su le barricate altrimenti ha vinto lei.


giovedì 23 agosto 2012

Sicilia aspettami!


Dopo settimane sfiancanti di lavoro, afa, aria condizionata a sproposito e una brutta contrattura al collo siamo a -3 giornri dalle mie vacanze in terra sicula. Una settimana di break, ci voleva proprio.

Grata granita a me!

Avevo intenzione di ragguagliare un po’ le masse sulle mie letture ma non credo di farcela senza afflosciarmi sulla tastiera – la nuca cigola in modo inquietante -.
(C’è sempre la mia pagina Anobii).
Ci sentiamo a settembre!

domenica 12 agosto 2012

Contro il logorio della vita moderna… Gnomi, fate e folletti!


Agosto a Milano è dura. Anzi no: è molliccia, appiccicosa, sudatissima, soprattutto se devi lavorare tutto il dì.
La mattina ti svegli con il collo indolenzito, perché hai dormito con il ventilatore puntato addosso.
Nel cuore della notte poi – io e Marchionnolo – sentiamo la vicina gettare grosse secchiate d’acqua fuori dalla finestra. Un gesto che ci inquieta. Il (relativo) silenzio della notte cittadina è interrotto dal suono improvviso e repentino del fragore di una cascata d’acqua. Chissà perché lo fa.
Un dispetto verso l’inquilino del piano di sotto? Lava i panni a mano e non sa dove buttare l’acqua.
Comunque, in tutta quest’abbondanza idrica le zanzare accorrono a nugoli.
Per fortuna che ci sono le cheesecake al cioccololato, Fate di Brian Lee e Alan Fround, e i libri sugli gnomi illustrati da Rien Poortvliet.
Sempre di argomento folklorico e fantastico mi sono letta anche Il trattato sulle fate, elfi, gnomi e altre creature fantastiche di Ismaël Mérindol.
Tutte letture che rinfrescano la fantasia e alimentano l’immaginario. Gnomi sono sicura di averlo già letto da piccola e che fortuna averlo riletto ora.
Ci sono cose che da pargola non avrei mai potuto capire e riferimenti impossibili da cogliere in tenera età. Il libro è stato pubblicato nel 1976 e mi è sembrato quasi un manifesto della terza via gnomesca tra comunismo e capitalismo. Il trattato di antropologia dedicato alle piccole creature boschive sembra un pretesto per elencare le storture della società moderna: inquinamento, capitalismo selvaggio, rigidità sovietiche e scarso rispetto della natura.
La fantasia è una bella prospettiva di pensare il reale, ne sono sempre più convinta.
Anche oggi ho passato un paio d’ore a gironzolare tra gli scaffali della Feltrinelli nella sezione libri illustrati. Proprio come osservare Marcartista che disegna è una cosa che mi rende felice.

domenica 29 luglio 2012

Letture extra Infinite Summer

In teoria  NonNonBâ è stato comprato, portato a casa e consegnato come regalo per Marchionnolo, dal momento che i manga non mi piacciono e le storie di fantasmi mi spaventano.

In pratica è diventato il libro della buona notte, con Marco che legge a voce alta facendo le vocine dei personaggi, mentre io lo ascolto rapita.

E pensare che a me anime, manga e compagnia nipponica bella fino a qualche mese fa non interessavano.
Di giapponese, solo romanzi (e il sushi, certo).
Poi sono arrivati Yazawa, Takahashi e Taniguchi.

L’altro giorno si è aggiunto pure Shigeru Mizuki, un arzillo ultranovantenne che è un serbatoio di humour e folklore.
Sono rimasta folgorata della ricchezza delle sue storie, della semplicità del suo tratto e della tenerezza dei suoi personaggi. La figura del padre del protagonista mi ha addirittura commosso: un uomo poetico e sognatore che vive  in una società rigida e ligia al dovere come quella giapponese nella prima metà del secolo scorso.

Un’altra bella sorpresa della settimana che ho appena iniziato a leggere è Manuale del cacciatore dei libri proibiti di tal Simone Berni. Il collezionismo librario - grazie al cielo e grazie dal mio salvadanaio – non mi interessa. A me dei libri che voglio leggere bastano le ristampe (vedi quella di Fabrizio Lupo, che ho aspettato per anni) però il mondo della bibliofilia è ricco di storie ai confini dell’incredibile.

Non avevo assolutamente idea che anche in tempi recenti ci fossero libri tolti in fretta e furia dalle librerie perché scomodi. Sono proprio rimasta esterrefatta e spero di leggere presto anche Libri scomparsi nel nulla.
Un po’ è la curiosità di dare un’occhiatina ai nebbiosi confini della libertà di stampa, un po’ è anche una curiosa forma di voyeurismo verso le perversioni di quei pazzi  di bibliofili.

Il Manuale è una sorta di noir a scatole cinesi dove dietro ogni libro si nasconde una storia che dentro nasconde un altro libro…


domenica 22 luglio 2012

Frammenti di un discorso rancoroso


Sto iniziando a prendere in considerazione il potere espressivo dell’allegoria, della metafora e di tutte quelle figure retoriche  che  traslano il piano del realmente accaduto in quello del verosimile o del fantastico, di modo che nessuno possa accusare direttamente lo scrivente di alludere alla propria condizione personale.
Sto invecchiando: meno di una decina di anni fa trovavo questo atteggiamento vile&vigliacco.
Oggi – con la coda tra le gambe – mi trovo costretta a riconsiderare la questione.


Mi accorgo che da un paio di post a questa parte sto alludendo a situazioni e stati emotivi senza spiegare cause e circostanze a voi cari lettori che leggete questo blog senza essere informati sui fatti dalla mia viva voce – piuttosto pigolante e piagnucolosa ultimamente - .
Vi do un indizio: in amore tutto va bene.

 Hamtaro  in questo frame mi rappresenta efficacemente
La ragione della mia prostrazione umorale ed esistenziale non ha niente a che vedere con Marchionnolo. – Anche se ho il sospetto di starlo lentamente ma inesorabilmente esasperando– (Quando leggerà questo post mi rimprovererà con un buffetto e un sorriso malinconico  dicendo che non è assolutamente vero).

Continuo a pensare che dovrei leggere Kafka e a fantasticare di:

1 – Incatenarmi per protesta davanti a luoghi significativi dal punto di vista istituzionale
2 – Tagliarmi le vene per protesta davanti a luoghi significativi dal punto di vista istituzionale
3 – Acquistare una pagina del Corriere della sera per togliermi un paio di sassolini dalla Camper

E poi c’è un’altra cosa.
In 28 anni non mi era MAI capitato ed è una cosa che ho sempre pensato di non augurare nemmeno al mio peggior nemico. Era uno dei pochi veri motivi di orgoglio che avevo e ho perso anche quello.
Mi sono ritrovata a immaginare che una persona (?) si ritrovi esattamente nella mia condizione fisica e sottoposta alle mie stesse discriminazioni per vedere come si sta dall’altra parte della barricata.
Poi a un certo punto di questa fantasia mi accorgo della meschinità del mio pensiero e faccio appello a tutti i valori etici, cattolici, umani, cristiani e della grande spiritualità universale, alla forza d’animo delle anime nobili, alla bontà di Gesù, al distacco di Buddha, alla pazienza di Giobbe, ma il ritorno sulla retta via è arduo, faticoso e talvolta mi sento recalcitrante.

C’è chi mi ha visto piangere mentre singhiozzavo: “Sono stanca di essere handicappata”, e oscillo diecimila volte al minuto tra questo dolore cieco e la rabbia vermiglia che ha innescato tutte le rivoluzioni del mondo.
Ma le rivolte le fanno le masse e non i poveri stronzi singoli.
E questa consapevolezza innesca l’ennesima crisi di nervi.

Credo proprio di avere bisogno di aiuto ma non so proprio a chi rivolgermi per farmi dare una mano.

martedì 17 luglio 2012

Piccole irritazioni costanti


«Le persone bruciate alla nascita, quelle colpite e offese oltre ogni giustizia, finiscono per ripiegarsi nel loro stesso fuoco o per risorgere» (p 379)

Come vedete proseguo con tenacia nella lettura di Infinite Jest.
Mi godo le piccole gioie quotidiane della convivenza.
Persevero anche nel tentativo di non sentirmi discriminata ma in questo caso i risultati non sono granché anche se sono tutta protesa  nel riuscirci.

Certi accadimenti sono come la puntura di una zanzara: non puoi fare a meno di continuare a pensarci perché prude, prude da matti e di grattarti a sangue, fino a che – un bel giorno - non passa.
Più mi sforzo di non pensarci e più il cervello ci ronza intorno.
(Stanotte ho svegliato Marco per farmi mettere il Polaramin sul piede sinistro ecco da dove mi è venuto il paragone ditterico) .

Forse questo fastidiosa irritazione uno la sente fino al giorno in cui non si sveglia ed è assuefatto.
Si abitua alla discriminazione come a un rumore di fondo costante che non sente neanche più.
E non brucia né risorge: semplicemente sussiste.

sabato 7 luglio 2012

...Ne ho pieni gli scatoloni!


Domani è il T- Day.
Trasloco.

Lascio la mia coinquilina, le mie abitudini e quella che è stata la mia casa per due anni.
Tetto sulla testa che ho trovato per avvicinarmi al mio luogo di lavoro dell’epoca, che credevo sarebbe stato il trampolino di lancio verso una – se non brillante – almeno decorosa carriera.
E invece, come ben sapete, si è rivelato una solenne inculata.

Mi trasferisco dunque – con Marcompagno – nei pressi nel mio attuale posto di lavoro per un po’ più di autonomia negli spostamenti, anche se avrei preferito restare dove sto (a 2 passi dal miglior hamburger di Milano).

Lasciatemi dunque un  momento per crogiolarmi nella malinconia di lasciare casa, mia prima vera dimora dopo l’Hotel des Invalides.
Qualche attimo da dedicare alla tristezza sul sipario che cala su questo periodo della mia vita.
Poi ci sarà una nuova casa, la convivenza con Marco, e nuove, esilaranti avventure.

sabato 30 giugno 2012

Ipocondria: come un quadro clinico diventa un Picasso


Le secrezioni sanguinolente forse non sono l’avvisaglia delle mestruazioni ma il sintomo di un’emorragia interna.
Anche perché con le caldane che sento, mi sa che è in arrivo la menopausa.
L’herpes labiale è il sintomo di un’immunodepressione  o peggio: in questi giorni mi si è gonfiato il lato sinistro della mandibola. Non s’è n’è accorto nessuno ma cosa potrebbe essere lo sappiamo tutti.
Per non parlare di quella che il mio medico ha diagnosticato come corda colica, che mi brucia da matti.
Secondo lui sono troppo giovane per avere un tumore all’intestino. E mi ha tolto il caffè.
Così non capisco se la mia debolezza di questi giorni dipende  dalla mancanza di caffeina o è il sintomo di un qualche tumore del sangue.
Spesso ho avuto fitte all’occhio sinistro: ma non ho capito se è un ictus o  comunque qualcosa di tipo vascolare oppure un disturbo di tipo neurologico.
Sempre  secondo il mio dottore il salto delle mestruazioni dipende da un po’ disordine ormonale da stress. Mi ha prescritto il Dufaston®, che è un ormone che si chiama didrogesterone.
Ma oltre a mettermi – da brava femmina - nelle condizioni di ovulare (e ripristinare i valori ormonali standard) causa tumore alla mammella, trombosi e infarto del miocardio.
E una  gallinella morta cosa se ne fa dell’uovo?