domenica 3 agosto 2014

Fantasmi. E Giornalismo

Ieri ho letto su Internazionale di 2 settimane fa un articolo che mi ha colpito così tanto, Nella terra degli spiriti, di tal Richard Llyod Parry, che anche mentre facevo altro mi tornava in mente improvviso come l'apparizione di un fantasma.

Date un occhio all'estratto della versione originale dell'articolo qui:  parla degli spettri e dei fantasmi che infestano la regione giapponese del Tōhoku da quando lo tsunami  l'ha colpita 3 anni fa. Sono anime di persone morte, travolte dalle onde o colpite dai detriti che non riescono a trovare pace se non dopo offerte, attenzione o preghiere dei monaci e a volte si insinuano addirittura nel corpo degli abitanti del luogo: una roba tipo la trama del romanzo Un' inquietante simmetria di Audrey Niffenegger.


A differenza delle vicende di fantasmi che siamo abituati a sentire, quelle raccontate nel reportage non erano le vicende di uno spettro isolato e antico, ma di una vera moltitudine - uomini, donne, bambini, animali domestici - e di creature nostre contemporanee, non vissute decenni o secoli fa.
Così tanti e così vicini.

Chissà perché non si è mai sentito parlare dei fantasmi, per dire, dei campi di concentramento. Forse perché il loro ricordo é vivo e questo li ha placati? Ma se pure il ricordo della loro morte è vivo, possiamo dire lo stesso di loro come persone? Di ogni persona uccisa: ebreo, dissidente, handicappato, gay? Ho immaginato il pallido, debolmente fluorescente ectoplasma di un bimbo down fatto fuori con i primi esperimenti di Zyklon B che deve aggirarsi da qualche parte della Germania, con gli stessi occhi a mandorla dei bimbi giapponesi uccisi dallo tsunami nel 2011. Il che mi ha suscitato un'inondazione di tristezza, ma anche la solita smania curiosa che mi prende quando qualcosa mi colpisce molto.

E mi sento grata al giornalismo, che io faccio spallucce e ogni tanto dico che il giornalismo non mi interessa, meglio i romanzi, ma poi leggi reportage coi fiocchi, come quello del signor Richard Llyod Parry e allora  ti  dici: «Che cazzo, non ho capito una minchia». Con le storie di quelle persone che sembrano protendersi per uscire fuori dalla pagina come fa a capitarmi di pensare che il giornalismo è solo un resoconto di fatti?

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