martedì 19 marzo 2013

Un applauso a quella Spiotta di Dana!



Ero sotto il piumone del divano letto a leggere Versioni di me, mentre Marco è andato ad aiutare un suo amico fraterno a traslocare nella sua nuova casa e tra una riga e l’altra non smettevo di ruminare sul fatto che io non ce li ho, gli amici fraterni, al massimo amici o conoscenti zieschi, tranne forse un paio di persone. Insomma ero lì che rimuginavo sulle solite paranoie degli ultimi 2 mesi quando il ritmo del libro ha iniziato a prendermi, complice anche una frasetta spuntata a pag 17.
«Perché lo sappiamo i ricordi accettano fin troppo facilmente la corruzione dei rimpianti»  Sarà stata la cadenza della prosa delle prime pagine, molto istantanea e diretta, un po’ rocchenrò.
Boh.
Fatto sta che per la prima volta in 29 anni qualcosa che ho letto mi ha riportato a qualcosa che ho – o che mi sembra di aver – scritto io.
«Ogni parola che ho scritto è stata un giro di basso che non ho potuto suonare». E mi è sembrato che suonasse benissimo.
Semplice, dritta e immediata come una canzone degli Zen Cirus.
77 caratteri di cui andare davvero orgogliosi, mica come certe attività ottundenti che valgono una pacca sulla spalla con tanto di: «Dovresti esserne fiera» squittito in sottofondo e fanno venire voglia di andare a fare incetta di trappole per topi e roditori dalla lingua biforcuta.
Comunque, queste righe per ricordarmi quanto quanto mi piaccia anche la scrittura più contemporanea e immediata. Dico sempre che sarebbe bello scrivere con una prosa corposa come quella che mi piace leggere – tipo Balzac oSinger – però anche questo sound così pieno di rock  e di coinvolgimento da  XXI secolo non è affatto male.

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