sabato 13 aprile 2013

Categorie protette di tutto il mondo leggetelo, I maestri di tuina di Bi Feiyu



Mi sono messa a leggere I maestri di tuina perché in preda alla mangafilia avevo voglia di proseguire il mio filone di letture orientali anche nell’ambito della narrativa. E la Cina è vicina. Mica solo al Giappone, tra l’altro.
Sto leggendo molto, molto lentamente, centellinando le pagine, perché si tratta di un romanzo ambizioso e pieno di riflessioni sul linguaggio  e sulla percezione del mondo, che però aspira anche ad essere un ritratto fedele della Cina contemporanea.
Ma la cosa che mi ha lasciato esterrefatta è che il signor Bi Feiyu ha scritto un grandissimo romanzo sulla disabilità. Da quel che ho capito in Cina diventare massaggiatore è quasi una strada obbligata per i ciechi. Un po’ come il ruolo impiegatizio per le categorie protette nostrane.

In Cina, chi non ci vede mette a frutto la propria sensibilità tattile e diventa massaggiatore. Succede anche da noi che i non vedenti sviluppino le proprie skill in questa direzione (il caso più famoso è quello di Aleandro Baldi), ma nella Repubblica Popolare questa sembra essere una strada obbligata o, se preferite, un vicolo cieco.
La storia si sviluppa intorno alle vite di un gruppo di massaggiatori, le loro storie, il loro passato, i loro sogni. In qualche modo si tratta di un romanzo corale sull’handicap come non mi era mai capitato di leggerne.

Mi sono chiesta se l’autore avesse fatto esperienza diretta o ravvicinata di qualche forma di handicap perché riesce a dar voce a tutta una serie di forme mentali, modi di vedere la vita, angosce con una limpidezza che non avevo mai trovato da nessuna parte. 

Bi Feiyu o è handicappato o è un genio.

Preciso e impeccabile, come quando spiega le differenze che dividono chi è nato cieco da chi lo è diventato.
«Una differenza abissale come tra cielo e terra», la drastica cesura che chi è nato handicappato ha avuto la fortuna di non provare. Io stessa ho sempre un po’ di timore a rapportarmi con persone che sono diventate disabili, ho sempre paura di ferire la loro sensibilità o di non usare abbastanza delicatezza considerando che oltre l’handicap devono gestire anche il peso dei ricordi di una vita sana, che immagino sia schiacciante.
Poi, mi sta divertendo moltissimo accorgermi che i pregiudizi  e i luoghi comuni siano identici ovunque, anche in posti esotici dell’Asia.

«- Autosufficienza –: che parola assurda, arrogante, altezzosa! Ma sempre a quella si riferiscono le persone – normali -, quando parlano degli handicappati che chiamano – normali - gli altri. Questi ultimi in realtà normali non sono se, professori o funzionari  amministrativi che siano, non raccomandano altro ai,disabili, che di raggiungere l’autosufficienza. Un  bell’autocompiacimento. Come se solo ai disabili toccasse rendersi autosufficienti, come se agli altri la roba da mangiare piovesse direttamente in bocca . Come se ai disabili bastasse non morire di fame e di freddo e la cosa finisse lì! Altro che autosufficienza! Le persone normali non capiranno mai che motore potente si celi nel cuore di un cieco». (p 50).

Sha Fuming che nella sua smania di riscatto si  distrugge schiena  fegato e le mani rovinate della dolce Xiao Kong sono prezzo inevitabile per non correre il rischio di essere additati a privilegiati, attributo che è il più grande timore di un disabile ovunque nel vasto mondo.
Quando Xiao Kong si reca a casa dei genitori del suo fidanzato, il dottor Wang, il fratello di lui  prende puntualmente a recarsi alla tavola paterna insieme alla moglie « convinti che lui e Xiao Kong mangiassero a sbafo a casa dei genitori, i due non tolleravano di essere esclusi al diritto al pasto gratis (p.42)».

Insomma tutto il mondo sembra paese (il nostro, ahimé). Anche se in realtà spero di no. Una categoria protetta che conosco s’è stufata dell’italico stato di cose e ha deciso di andarsene un paio  di mesi in Inghilterra a cercare lavoro. Pare che lassù al nord basta che tu sappia fare qualcosa bene, puoi anche avere due teste e la pelle verde a pois, ai datori di lavoro frega ‘ncazzo. Spero che non sia solo una bella favola, con tutto il cuore: in culo alla spasticità, sorella!


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