domenica 9 febbraio 2014

Sanremo 2014 e lo spot sbracciato che offende (qualche) disabile

...Cioè, io non ho parole e davanti a queste cose resto così basita da rischiare di diventare muta, oltre che mezza paralizzata. Ma cosa è successo? L'altro giorno scopro sul blog di Candida Morvillo  che uno dei promo per la prossima edizione del Festival ha urtato la sensibilità di tal Giovanni D'Agata presidente di uno Sportello dei Diritti. Guardo lo spot incriminato e mi chiedo come reagisce il signor D'Agata ogni volta che qualcuno la butta sul proverbiale: denuncia chi osa dire che «Chi va con lo zoppo impara a zoppicare? » e se sente qualcuno sentenziare «Non c'è peggior sordo » che fa, si tappa le orecchie e gli chiude la bocca?
Mi sa che ha ragione Puntosanremo.it quando punzecchia Giovanni facendo notare che da sempre al Festival «si cerca notorietà».

Fazio che sta fermo con la mano nelle mani...

Le parole sono importanti. Ma le battaglie linguistiche, per chi vuole combatterle, si portano avanti con rigore e serietà come fa Franco Bomprezzi che ne scrive sempre con pacatezza, competenza e buonsenso.

Ma dite che se io vado all'Ariston e minaccio di mettermi a cantare, qualcuno migliora l'accessibilità dei mezzi di trasporto pubblico? O che l'amministrazione lancerà una campagna di sensibilizzazione per invitare i passeggeri robusti e in salute a offrirmi il posto a sedere prima che io debba rifiutare quello che mi offre un vecchietto malfermo quanto me?

Mah, forse mi irrita tanto la polemica sullo spot di Sanremo perché mi sembra che a volte le persone tirino in ballo luoghi comuni antipatici come i pregiudizi che combattono.
Divento una leghista della diversabilità se dico che me ne frego della Littizzetto che perde la protesi ma vorrei non rischiare di farmi seriamente male ogni volta che la gente scende spintonandosi dalla metropolitana? O che mi piacerebbe tanto che vorrei che muoversi a bordo del Sirietto fosse un po' più agevole; e che al confronto la Luciana sbracciata ha un'importanza di molto inferiore allo zero?

Poi, boh, ho anche pensato che magari il signor D'Agata magari anche lui ha una protesi al braccio e, comprensibilmente, ci convive male. Lo capisco: io che oggi invoco ascensori a ogni rampa di scale quando ero un'adolescente molto più irrisolta di adesso mi imponevo di fare le scale perché volevo essere come tutti gli altri (e guai a chi mi proponeva l'ascensore). Il dolore per le proprie limitazioni, la frustrazione per le discriminazioni quodiane e il desiderio di normalità sono inevitabili e sacrosanti, ci faccio i conti io per prima. La capisco, Giovanni D'Agata se magari poi lei è disabile da poco tempo e magari la urta che qualcuno usi un ausilio protesico che magari ti sta sul cazzo da morire, per fare dell'ironia  in uno scketch sulla vita di coppia (televisiva).  Ma si ricordi che l'ironia in fondo non è che una figura retorica. E mentre lei si scalda tanto per un po' di retorica qualcuno forse ne approfitta per esigere una scala dove le farebbe tanto comodo un elevatore...

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