sabato 12 maggio 2012

Io & Busi: sacrileggo?


Mi sono ripresa dall’influenza e tutto trotta apparentemente tranquillo.
La settimana scorsa l’Alterega e Marco mi hanno infilato la pulce nell’orecchio: prova a ripubblicare la versione ampliata del tuo blog, con un buon editing.
Di autopubblicarmi non mi passa manco per l’anticamera a gas del cervello.
Figurati se pago per stampare le minchiate che scrivo quando ho i soldi contati per comprare quelle che leggo. Già mi sento cagna a balbettare la frustrazione che provo: son sicura che mi sentirei molto meglio se invece di scodinzolarci in giro dicessi le cose chiare e tonde come le sento – piuttosto puntute in verità – anche perché ormai è quasi un anno che me le tiro dietro, ma per il momento passo parola.

La settimana scorsa ho letto Suicidi dovuti di Busi.

Sarò sacrilega ma il libro di Busi conferma un pensiero che vado elaborando da un po’: un grande mistero della fede è il fatto che molta gente – me compresa -  continui a credere malgrado la nota stonata di paternalismo e il ribollire di ipocrisia che connotano gli ambienti clericali.
Ma ho studiato abbastanza teologia per sapere che non si può essere cattolici senza aderire alla Chiesa. Io sono tenacemente attaccata alla mia vita spirituale, - come una cozza allo scoglio – ma gli atteggiamenti adottati  – quelli che Aldo Busi descrive in modo così preciso nelle sue pagine – così come li ho percepite mi lasciano proprio perplessa.

Come può un fervente ed effervescente cattolico chiudere gli occhi su chi fa i proclami dal pulpito mediatico e poi sorvolare in scioltezza su alcuni insegnamenti fondamentali?

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