sabato 4 maggio 2013

Una tazza di devotee?

Sarà il dibattito che frizza intorno al tema dell'assistenza sessuale, ma la mia amica Valentina mi segnala un'invasione di devotee in rete (sarà che questi  sognatori romanticoni c'avranno voglia di esibire il conto, alla fine?).
Non si tratta di una setta i cui adepti copulano a mani giunte, ma è una sorta di perversione, fissazione per le persone disabili.

Credo che la maggior parte di ragazze handicappate, almeno una volta nella vita, all'apice dello sconforto esistenziale, si sia ritrovata a pensare che un devoto, sia il meglio che si possa aspettare dalla propria vita sentimentale.
A questo proposito Marco potrebbe confermare la serie di interrogatori serrati a cui l'ho sottoposto prima che ci mettessimo insieme per assicurarsi che non appartenesse alla categoria: è un miracolo che non mi abbia mandata affanculo per direttissima, ma oggi deve averlo rimosso  (pochi secondi fa: «Tu lo sai cos'è un devotee?» «No»).

Premesso che una persona adulta e vaccinata può sviluppare tutti i feticismi che vuole senza nuocere a sé o agli altri (il dibattito ferve e testimonianze controcorrente come questa non mancano), è molto triste per un'adolescente o una giovane donna disabile pensare che la sua unica chanche sentimentale passa per una persona per cui lei è solo la sua sedia a rotelle, la sua paralisi o il suo arto mancante. Poi generalmente si cresce, si incontra qualcuno o, anche se al momento si è sole si inizia a considerare quelle mail di uomini tutti puntualmente - molto sensibili - una fastidiosa forma di spam.
Tuttavia credo che sia conque antipatico gestire il vago senso di umiliazione che si accompagna a questi contatti di morti di figa e di patologia. Che naturalmente non è appannaggio di normodotati, brutti, sporchi e in salute.

Sempre Valentina, raccontava di un approccio avvenuto online. Apre la casella di posta di un sito di incontri e legge «Ciao, anche io sono disabile sai?». Che fortuna, sposiamoci subito!



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