domenica 25 novembre 2012

Chi visse sperando, morì votando(?)



Eccomi di ritorno dopo aver espresso la mia preferenza per Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra, in attesa di poter votare un giorno la mia amica Elena, pacatissima nei modi elastica nel contesto, ma decisa nei contenuti e ferma nei valori.
In fila con noi c’era un’arzilla signora bolognese, ex professoressa di latino e greco, spaventata all’idea che vincesse quel «piazzista» di Renzi.
Eppure c’è chi ritiene inevitabile la vittoria del sindaco di Firenze: «perché Bersani è un vecchio, Vendola un finocchio e Matteo Renzi l’unico che ha un’aria vincente».Mentre ricordavo queste cose, la pasionaria, continuva:

«Mica come D’Alema che si è fatto tutta la scuola di formazione  - durissima – di partito, come si chiama? Ah, le Frattocchie…» Siccome la signora era molto simpatica e agguerrita non ho avuto cuore di dirle che sì Renzi è un mezzo pirlone, ma Marximiliano puzza di stantio e di apparato.(Che sia sul serio Tabacci il nuovo che avanza?!)

Staremo a vedere e che vinca il migliore.
Per quel che mi riguarda sostengo il buon Nichi in modo decisamente più tiepido rispetto al passato. Incensa troppo e è stucchevolmente romantico verso la Cgil, quando è lampante – e mi duole tanto dirlo – che il sindacato per i lavoratori non fa più un emerito. Tuttavia non riesco ancora a  emanciparmi dallo stramaledetto voto di appartenenza. Vendola è cattolico e comunista e in quanto rappresentante di quelli che considero i miei valori non riesco a non votarlo, anche se ogni tanto i suoi discorsi mi sembrano usciti da un comizio del 1900.
Però oggi il voto era inevitabile e invitante come un rito propiziatorio. Che qualcosa cambi prima o poi. Perché come ci detto la signora bolognese in fila con noi: «Bambini (!), bisogna avere speranza…».

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