domenica 24 novembre 2013

Due cuori e il ponte della Ghisolfa?

Da oggi in poi le tipiche abitazioni vecchia Milano saranno rinominate case di ringhio, dal momento che fanno digrignare i denti e storcere il naso a Marcoccupy. A me le case di ringhiera piacciono molto, l'idea iperuranica della casa di ringhiera, mica quella zona di disagio che siamo andati a vedere ieri. Già accanto al civico indicato abbiam scorto un segnale letteralmente funesto: un'agenzia di pompe funebri proprio sotto casa; ma vabbè: quando si dice "In zona non manca niente...".

Stiamo aspettando il commerciale dell'agenzia immobiliare e vediamo un'ambulanza accostare davanti al portone.
"Avete chiamato voi?" ci fanno i volontari del soccorso.
"No" (...Non ancora! completo mentalmente e con prudenza).

Entriamo nel portone con il rappresentante dell'agenzia e ad accoglierci ai piedi della scala in cima al quale si trova il nostro potenziale bilocale troviamo ad accoglierci un materasso sfondato e coperto di macchie inquietanti. Mentre aspettiamo l'ascensore nell'atrio, invero un po' dimesso, il venditore accenna timidamente ai pregi dello stabile ma è interrotto dalle dolenti lamentele di una signora che aspetta l'ascensore anche lei, col carrellino della spesa al seguito e piange il degrado generale del palazzo per colpa dell'amministratore e del portinaio, quest'ultimo che con pulisce mai lei scale (ho buttato un'occhio ai gradini e ho constatato che con ogni probabilità aveva ragione) e che introduce nell'immobile ogni sorta di gente...."uno schifo!"

Osservazione fatale perché Marco già si è prontamente immaginato spiato in casa dal ballatoio da ogni sorta di loschi figuri, pronti ad introdursi in casa e nel suo ano un coltello tra i denti, sbudellando nel frattempo il nostro preziosissimo porcellino salvadanaio.


Per il resto l'appartamentinoinoino era in sè tutto nuovo, molto bellino, a parte il microbagno con gli scalini e l'apertura del box doccia così strettinainaina che mi sarei sicuramente ammazzata per entrarci (ma vuoi mettere morire da proprietari di 50 m²?  Tanto le pompe funebri le avremmo avute sotto casa!).

Di ritorno a casa è scoppiata la guerra immobiliare con Marco che dice che tutte e due le case che abbiam visto finora sono piccole e squallide e io che ribatto che se riesce a moltiplicare X 5 il nostro budget possiamo tranquillamente puntare a un superattico nel quadrilatero della moda  invece che a un bilocalino dell'angolo ottuso del disagio sociale. Mi sa che siamo entrambi piuttosto confusi e io di sicuro sono straterrorizzata dall'eventualità di tornare un giorno o l'altro in un posto come l'Hotel des Invades (cfr. il mio precedente blog) dove stavo appena trovato lavoro a Milano.

Ho googlato "Santo protettore della casa", ma pare che non esista, c'è però santa Zita (27 aprile)  protettrice del ritrovamento delle chiavi di casa, più specifica rispetto al generico ma celeberrimo sant'Antonio, per ritrovare gli oggetti smarriti a cui mia nonna in tenera età ha insegnato a rivolgermi con lo scongiuro "Sant'Antone de la barba bianca fam truà chel che ma manca!".
Dato il riferimento alla peluria canuta credevo ci si riferisse a sant'Antonio Abate, ma pare invece trattarsi di sant'Antonio da Padova (13 giugno).

Ma non divaghiamo nelle minuzie, che non voglio mica sottrarre a Leonardo il suo blog agiografico; credo anche che sia peccaminoso dichiarare che a me la casa manca, perché un tetto sulla testa, sia pure in affitto ce l'ho e Gesù stesso nel vangelo di Matteo dichiara: «Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena». E quindi si proverà anche noi a fare come gli uccelli del cielo e i piccioni qui in città, i gigli nei campi e le erbacce  che spuntano a fianco dei marciapiedi.
Male che vada ci possiam sempre costruire un rifugio di design sotto il ponte della Ghisolfa, o meglio ancora sotto uno di quelli del Naviglio Grande che mi piaccion tanto: vuoi mettere l'effetto innovazione?!


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